I cancelli di Moria

Quando la Compagnia arriva ai Cancelli di Moria, non importa quante volte si sia letta o vista la scena: sarà sempre un tumulto di emozioni. Da quel momento in poi comincia la parte del viaggio che più di ogni altra segnerà profondamente tutto il resto dell’avventura dei Nove Viandanti. Non appare casuale, quindi, che questa sorta di “iniziazione” abbia luogo varcando una soglia sormontata da un’iscrizione in Sindarin, la lingua legata alla sapienza più antica e misteriosa della Terza Era, quella con cui gli enigmatici Elfi tramandavano sapienza e potere da ormai molti millenni.

Il varco occidentale di Moria, ben custodito dalle Porte di Durin, è rinomato e alla fine della Terza Era ha già una lunga e prestigiosa storia alle spalle, che forse non tutti sanno. Siccome si tratta di un’opera grandiosa, oltre che celebre e suggestiva, vogliamo far luce sui suoi aspetti salienti a beneficio dei nostri lettori.

Un confine tra Elfi e Nani

Le Porte di Durin, note anche con il nome di Porta Occidentale di Moria o Porta degli Elfi, vennero costruite in un tratto delle Mura di Moria che costeggiava le scure pendici del monte Dentargento a realizzare un ingresso a ovest per la grande città nanica di Khazad-dûm. Durante la Seconda Era si giunse alla decisione di aprire una via da quel lato per facilitare i contatti e i commerci con gli Eldar che popolavano l’attiguo regno dell’Eregion. La Porta degli Elfi venne così realizzata per mezzo di un raro e irripetibile esempio di cooperazione tra Nani ed Elfi: costruite tra il 750 e il 1500 della Seconda Era, fondendo in un unico manufatto le eccellenze artigiane elfiche e nanesche, fu a lungo il simbolo del periodo di pace che precedette l’ascesa di Sauron a nuovo Nero Nemico. Furono i due più rinomati artieri di quel tempo a compiere l’opera, il signore elfico dell’Eregion Celebrimbor e il nano Narvi, nei giorni che precedettero gli Anni Oscuri in cui Sauron instaurò il suo dominio di tenebra nella Terra di Mezzo. Anche in quel frangente pacifico però  l’amicizia tra regni degli Elfi e dei Nani era un evento raro e speciale, ma durante quel lasso di tempo le porte erano aperte e i commerci tra Agrifogliere e Nanosterro si svolgevano con regolarità e senza restrizioni. In seguito alle guerre che si scatenarono a partire dalla seconda metà della Seconda Era, però, dapprima le porte furono sigillate; quando poi Khazad-dûm fu abbandonata, poco più di un millennio prima di essere riaperte dalla Compagnia dell’Anello, il segreto che permetteva di aprirle andò dimenticato.

Esse erano state modellate come porte a filo, gli stipiti invisibili all’occhio, quindi abbinate in modo da combaciare  perfettamente con la roccia della montagna facendo sì che, quando chiuse, le porte non potevano essere scorte nemmeno dall’acuta vista di un Elfo. Le lastre erano state costruite da Narvi in un materiale grigio più duro della stessa roccia, in cui Celebrimbor aveva realizzato gli intarsi in ithildin, portentoso metallo che potrebbe essere visto solo quando fosse stato illuminato dalla luce delle stelle e della luna. Quando ciò accadeva e gli splendidi intarsi argentei si rivelavano nella loro luminescente magnificenza, si potevano scorgere un martello e un’incudine quali emblemi di Durin, una corona e Sette Stelle che con ogni probabilità simboleggiavano la corona dello stesso Durin, quindi due alberi sormontati ciascuno da tre mezzelune probabilmente a simboleggiare l’Albero degli Alti Elfi , infine una stella solitaria quale emblema della Casa di Fëanor. Agli angoli superiori destro e sinistro erano stati incisi due caratteri tengwar calma per la lettera C e óre per la N, evidentemente come tributo a Celebrimbor e Narvi, mentre in basso campeggiava una ando (D) in riferimento a Durin.

Dall’interno le porte potevano essere aperte semplicemente a spinta. Come riportato nei Racconti Incompiutial tempo in cui Moria era abitata dai Nani vi erano due guardiani di stanza permanente a presidio delle porte, con il compito di vigilare il varco e di agevolare eventualmente l’entrata a chi ne avesse diritto e necessitasse di un aiuto nell’apertura.

L’iscrizione sull’archivolto

La frase che a un tratto s’illumina sui portali di pietra è uno dei campioni in lingua più lunghi in assoluto e mostra molte delle caratteristiche principali del Grigio-elfico, oltre a una serie di particolari eccezioni alle regole sin qui note. I caratteri in cui è vergata risalgono ai Tempi Remoti: infatti il modo di scrittura prende il nome dal Beleriand, la terra abitata dagli Elfi che nella Prima Era combatterono per la salvezza loro e del mondo contro il primo Oscuro Signore. Ma il manufatto è decisamente più recente: .
La prima apparente stranezza sta proprio nel fatto che il cancello del regno dei Naugrim recasse un’iscrizione nell’idioma degli Eldar: ma da quella direzione provenivano in massima parte artigiani e commercianti di stirpe elfica dall’Eregion, che in quei secoli tessevano ripetuti e proficui scambi commerciali con il popolo di Durin, così non deve sorprendere che il messaggio fosse scritto appositamente in elfico.
La frase con cui inizia l’iscrizione, Ennyn Durin aran Moria, significa Le porte di Durin, signore di Moria: La seconda parte è la celeberrima pedo mellon a minno, cuore dell’enigma (e di un equivoco che ancora si trascina, perfino nel testo italiano pubblicato…).

  • Ennyn è la regolare forma plurale di annon porta: il Sindarin ha infatti la peculiarità di formare i suoi plurali in modo diverso a seconda di quale sia la vocale dell’ultima (o unica) sillaba e i sostantivi in o formano il loro plurale tramutandola in y. In questo caso, la a iniziale viene modificata a sua volta per un fenomeno fonetico che prende il nome di metafonesi.
  • Aran significa re o signore. Si noterà che non vi è nessuna particella al posto della preposizione “di”: questo perché il Sindarin può formare frasi genitive semplicemente per giustapposizione, sottintendendo il “di”. Non è l’unico modo per realizzare costrutti simili, ma è un modo lecito e molto usato anche nella non certo abbondante letteratura a nostra disposizione.
  • Pedo e minno sono due verbi all’imperativo , parla ed entra. In Grigio-elfico questo modo verbale è riconoscibile per la tipica –o finale che lo contraddistingue.
  • Mellon è l’ormai arcinoto protagonista della scelta di traduzione che lo ha fatto conoscere a tutta italia come un plurale: in realtà, visto l’esempio precedente di annon, ormai si sarà ben compreso che si tratta invece un tipico singolare (cosa che Vicky Alliata di Villafranca all’epoca non poteva sapere in alcun modo). Si tratta anche della soluzione all’enigma che apre i portali e a questo proposito c’è da dire che a causa di un’altra caratteristica fonologica (cioé dei suoni delle parole) del Sindarin, o meglio della sua assenza, forse qualcosa si sarebbe potuto intuire: più sotto la spiegazione di questa sibillina conclusione intermedia.

La seconda parte dell’iscrizione riporta sostanzialmente i nomi degli artefici di quella splendida opera. Im Narvi hain echant, che significa letteralmente Io, Narvi, le feci, una sorta di marchio apposto dal rinomato artiere di Khazad-Dûm, mentre Celebrimbor o Eregion teithant i thiw hin sta per Celebrimbor dell’Agrifogliere tracciò queste lettere.

  • Hain è il plurale del pronome relativo non altrimenti attestato #han, il cui significato è lo o quello e mostra la regola su come si formano i plurali dei sostantivi in –a– (cosa che si riscontra anche, ad esempio, in edain come plurale regolare di adan), cioè con la trasformazione di quest’ultima in –ai-.
  • Echant è il passato di un verbo echad– che ha accezione fare, dare forma, foggiare e mostra invece uno dei modi in cui si coniuga il passato nei verbi Sindarin: quando il verbo è in terza persona forma il suo passato per mezzo della desinenza –ant, che rimpiazza qualsiasi altra eventuale consonante finale (gran parte dei verbi come questo, i cosiddetti “derivati”, hanno l’ultima sillaba in –a-: per il resto, la formazione del tempo passato Grigio-elfico comprende una serie di casistiche piuttosto lunga e articolata, ma per comprendere l’iscrizione sull’archivolto è sufficiente limitarsi a questo).
  • Teitha– è un verbo che sta per disegnare, tracciare e forma il passato esattamente come nel caso precedente.
  • La parte interessante sta nelle ultime tre parole, che non si trovano come tali su nessun lemmario. Il motivo sta in un’altra regola fonetica del Sindarin: in questi casi si innesca infatti il complesso e affascinante fenomeno delle mutazioni. Le forme basi delle ultime tre parole sarebbero rispettivamente in tîw sin: e sono l’articolo plurale, tîw come plurale di têw lettera e sin come plurale di sen che significa questo, questa. Ora, la –n finale di in, pur venendo omessa per elisione, innesca la cosiddetta mutazione nasale che trasforma la t– in th– (e di ogni consonante iniziale affetta bisogna conoscere ogni forma di mutazione…), mentre la semivocale –w innesca mutazione blanda (detta anche lenizione) nella s– che segue, trasformandola in h-.

Chi è riuscito a seguire ogni passaggio sin qui, il che non è scontato (ma il Sindarin questo è), probabilmente ha ancora un barlume di lucidità per domandarsi come mai non si riscontrino mutazioni in mellon e minno. Se lo chiedono, per la verità, anche tutti gli specialisti di lingue elfiche… Si possono azzardare due spiegazioni: la meno probabile è che in Eregion si parlasse all’epoca un dialetto Sindarin in cui le vocali non innescavano lenizione; la meno improbabile è che, come detto nel post precedente, mellon sia stato lasciato intenzionalmente in forma non lenita come “promemoria” per chi fosse in grado di intendere e che, al contempo, la congiunzione a non innescasse lenizione in senso generale. Nel sistema immaginato da Tolkien le varianti locali del Sindarin erano molte, forse più di quante egli avesse preso direttamente in considerazione, ma di nessuna abbiamo una descrizione grammaticale completa. Il che lascia il campo a una serie sterminata di tentativi di deduzione, almeno fino a quando non saranno (se mai lo saranno!) pubblicate altre note di estremo interesse per il Sindarin, al pari di quelle uscite negli ultimi anni per il Quenya, che hanno colmato diverse lacune nel sistema verbale. Non rimane che attendere e sperare…

Bibliografia

Dove non specificato altrimenti le informazioni sono tratte da Il Signore degli Anelli, a eccezione delle note alla traduzione della frase dell’archivolto che invece sono state diffuse nel numero 17 di Parma Eldalamberon.

“Le radici profonde”, la ristampa in libreria

Di recente si è avuto l’annuncio di una ristampa di Le radici profonde –  Tolkien e le Sacre Scritture, opera d’esordio con cui Greta Bertani ha offerto uno spunto per la lettura dei testi di Tolkien in relazione alla sua intensa devozione da cristiano cattolico. Come riportava l’annuncio dei tempi della prima edizione, datata autunno 2011, l’idea di fondo è che la subcreazione tolkieniana “nasce e si abbevera alle fonti della Sapienza Biblica” e la sua concezione ultima maturò sia a causa “di un appassionato studio personale, che attraverso la mediazione degli autori del Medioevo anglosassone che rappresentarono sempre la grande passione e la principale missione universitaria di Tolkien”. Il volume pertanto sviscera la tesi di un possibile doppio piano di lettura dei testi del Professore, di Oxford,  che da un lato scelse (meditatamente) di modellare i suoi testi sugli schemi narrativi della favola e del mito, entrambi considerati veicoli di trasmissione di elementi culturali tra il popolo che non aveva accesso all’istruzione alta, dall’altro attinse a piene mani anche alle fonti veterotestamentarie, anch’esse legate ad ambientazioni e a periodi storici in cui la componente mitica e mitologica era molto presente e molto sentita nel quotidiano di tutte le civiltà.

Questo naturalmente non significa che l’autrice abbia voluto sostenere una sorta di “parallelismo” tra i cicli di Arda e i testi biblici, cosa che lo stesso Tolkien negò apertamente e cercò di evitare: al contrario, si vuol evidenziare che dalle pagine tolkieniane emerge l’eco di ciò che entrambe le fonti trasmettono ai lettori,  come scrive con perizia Andrea Monda nella prefazione al volume:

Il presente saggio non dovrebbe riaprire (in Italia il condizionale è sempre d’obbligo) la strana discussione, che da anni si trascina nel nostro paese, intorno alla “lettura cattolica” dell’opera narrativa di Tolkien: la Bertani come non intende ridurre in cattività la Bibbia, così non vuole rinchiudere la ricchezza dei romanzi tolkieniani nella prigione dorata dell’allegoria, ma solo esprimere tutte le risonanze che la lettura di quei romanzi provocano in una lettrice che, proprio come Tolkien, si è nutrita sin dalla giovinezza attingendo e gustando le bellezze del testo biblico.

Abbiamo avuto modo di rivolgere a Greta Bertani tre domande, a cui gentilmente ha risposto senza risparmiarsi, con l’intento di offrire un quadro generale del suo rapporto con il suo testo e con i testi che lo hanno ispirato. Ecco cosa ci ha detto:

Tolkien con le sue opere è da sempre fonte di ispirazione per un enorme numero di autori in tutto il mondo. Nel tuo caso, qual è stata la molla che ti ha spinta a passare all’azione, convincendoti che era il momento di offrire al dibattito anche queste tue riflessioni?

E’ stata la fortuna, o meglio come direbbe Gandalf “ in questo caso c’era più di una forza in gioco”. Mi ero laureata nel 1995, convinta di avere fatto un lavoro mediocre, ma col desiderio di condividere certe mie intuizioni, che al tempo non avevo trovato nel materiale da me consultato. Solo dieci anni dopo, trovai, in modo del tutto casuale (anche se secondo me non è stato il “caso”) un articolo che citava la mia tesi e le riteneva degna di pubblicazione. Fu un fulmine a ciel sereno. Contattai l’autore dell’articolo (Paolo Pugni, che avevo conosciuto ai tempi della tesi ed al quale, per gratitudine, ne avevo inviata una copia) che mi incoraggiò ad andare avanti, aiutandomi e sostenendomi passo passo. Insomma, avevo bisogno di una buona iniezione di autostima, e di un amico che camminasse accanto a me. Un po’ come Virgilio con Dante.

– L’intenso modo in cui Tolkien visse la sua fede è cosa nota, tuttavia dobbiamo constatare con rammarico che quest’argomento finisce sempre per risultare causa di accese dispute fra lettori di vedute diverse, per quanto lui stesso si sia sempre preoccupato di non impostare le sue narrazioni in ottica “catechistica”. Secondo te, in quale direzione ci si potrebbe muovere per portare il dibattito su toni costruttivi e fare in modo che anche i lettori non cattolici possano confrontarsi, nel pieno rispetto di ogni punto di vista civile e fondato, a questi temi?

E’ una domanda complessa. Innanzi tutto devo dire che in questi sette anni, dalla pubblicazione del libro, la mia conoscenza del panorama tolkieniano italiano così come della critica italiana ed estera è notevolmente migliorata. Anzi, posso dire che al tempo della stesura del mio saggio non sapevo nulla di associazioni varie sul nostro territorio, né di tutte le polemiche attorno all’interpretazione cattolica di Tolkien, e credo che il mio scritto risenta di questo. Tornando alla domanda, credo che si debbano riscoprire tre grandi valori, un po’ dimenticati in tutti i campi della vita sociale: l’amore per la verità, il rispetto per l’interlocutore ed un po’ di sana umiltà. Mi spiego meglio: è innegabile che Tolkien fosse profondamente cattolico, così come è innegabile che egli abbia pescato molto dal mito, dalle saghe nordiche e pagane. Credo che noi cattolici dovremmo si, evidenziare, gli elementi cristiani, ma allo stesso tempo non si possono negare quelli pagani ( e non mi risulta che qualcuno lo faccia, al massimo non sono stati inclusi nelle analisi), d’altronde chi si professa non credente non può non ammettere l’elemento cristiano dell’opera, ponendo accento esclusivo sullo studio delle fonti letterarie epiche e mitiche. Dicevo poi che serve rispetto per l’interlocutore, perché, e questo è tanto più vero con la grande letteratura, ognuno può vedere sfumature diverse, esiti diversi che nemmeno l’autore stesso aveva previsto. La grande letteratura, quella vera, che ci tocca il cuore, è così: esalta il nostro sentire, il nostro io, in essa ci rispecchiamo, di conseguenza a noi saranno tanto più evidenti quegli elementi che ci corrispondono a scapito degli altri. L’umiltà poi serve per non pretendere che il proprio punto di vista sia l’unico valido.

– Per finire, una domanda un po’ bizzarra ma che ci incuriosisce per focalizzare meglio il tuo rapporto con la tua opera: qual è la parte del libro che ti si è rivelata più congeniale, che hai scritto con più slancio e con più trasporto rispetto alle altre, sempre che ve ne sia una?

La stesura del libro è stata molto strana. Innanzi tutto si è protratta per sei lunghi anni a causa di impegni familiari. Spesso avevo intuizioni (che poi verificavo) in momenti e luoghi impensati. Credo, comunque, che la parte più bella, affascinante e difficile, ma che al contempo mi ha donato di più, sia stato l’ultimo capitolo, quello sulla morte. Mentre per il resto del libro seguivo comunque le intuizioni già espresse nella mia tesi, in questo caso sono partita da zero, semplicemente accettando la sfida di una famosa frase del Silmarillion: La morte dono di Dio agli uomini. Non avevo altro ed ho cercato di andare a fondo a questa affermazione. Spero di avere raggiunto l’obiettivo, almeno in parte, dandone una possibile lettura d’aiuto per altri, così come lo è stato per me.

Lithe, la Mezzestate hobbit

Un tempo vi erano gli enderi, come venivano chiamati i ‘giorni di mezzo’ comuni al calendario Elfico e a quello Númenóreano. Erano tre giorni che non venivano conteggiati come normali giorni di un mese e,nel computo di Imladris, venivano inseriti tra le stagioni di Yávië (periodo dal 10 agosto al 3 ottobre) e Quellë (periodo dal 7 ottobre al 30 novembre), che erano i nomi di due delle sei stagioni brevi conteggiate dagli Eldar.

Nella Contea, essi avevano preso il nome di Lithe ed erano tre (quattro negli anni bisestili) giorni di festeggiamenti che si svolgevano a cavallo del solstizio d’estate, come d’uso presso i popoli che vivevano ancora legati ai cicli della terra e della natura. Anche nel Calendario della Contea essi non facevano parte di nessun mese: venivano inseriti tra i due mesi denominati Antelithe e Postlithe.

Normalmente il primo Lithe coincideva con la vigilia della mezzestate, poi vi era il vero e proprio giorno di Mezzestate (o di Mezzo Anno) per chiudere con il secondo Lithe. Negli anni bisestili, dopo la Mezzestate vi era un giorno aggiuntivo detto Superlithe.

Nella Terza Era era tradizione, ogni periodo di mezzestate, che a partire dalla vigilia del solstizio il Vecchio Tuc desse una grande festa, in cui Gandalf era solito impressionare gli hobbit con i suoi straordinari fuochi d’artificio. Da notare che il Superlithe non prendeva nome da nessun giorno della settimana: in questo modo il calendario era sempre valido, anche negli anni bisestili, in quanto cominciava invariabilmente di sabato, primo giorno della settimana, per terminare di venerdi, ultimo giorno della settimana.

Quest’anno noi, pur senza pretesa di rivaleggiare con le prodigiose abbuffate della Terra di Tuc, vi invitiamo a trascorrere una lieta serata con buon cibo, storie epiche e giochi collettivi al pub La forgia degli Eroi di Milano (qui la descrizione dell’evento). Sarà un modo anche per rievocare le gradevoli usanze festaiole della Contea!

[Fonte delle informazioni: J.R.R. Tolkien, Il Signore degli Anelli, Rusconi; Eldalie.itTolkienGateway].

La biblioteca di Tolkien

Gli studi tolkieniani italiani firmano un altro contributo di rilievo assoluto, che solo al suo annuncio ha già riscosso apprezzamenti da parte dei massimi esperti mondiali: due giorni fa è stata ufficialmente comunicata la prossima uscita del nuovo libro Tolkien’s Library: An Annotated Checklist , ultima fatica editoriale in ordine di tempo di Oronzo Cilli. Il volume  ospita la prefazione di Tom Shippey, già docente di Anglosassone nelle Univeristà di Leeds e Oxford e massimo studioso al mondo di Tolkien: a pubblicarlo è la straordinaria casa editrice LunaPress della vulcanica Francesca Tristan Barbini, una giovane italiana che si è trasferita a Edinburgo e ha fondato una tra le realtà editoriali emergenti più promettenti del Regno Unito, in cooperazione con la Tolkien Society.

Le domande che hanno mosso l’interesse dell’autore sono le stesse che si pongono gli studiosi e gli appassionati più curiosi: quali libri lesse Tolkien? Quali argomenti lo interessavano maggiormente? Quali libri hanno trovato posto nella sua biblioteca e quali di essi sono citati nei suoi scritti accademici e nelle lettere? Infine, dove si trovano oggi i libri della sua biblioteca personale? Leggendo la minuziosa ricostruzione di Oronzo Cilli si avrà l’impressione di entrare nello studio di Tolkien e posare lo sguardo sui suoi stessi scaffali. La guida, che ripercorre ogni indizio, contiene informazioni su più di 2.000 titoli ed è stata in origine concepita come uno strumento di lavoro e ricerca individuale, ma grazie al lavoro svolto da autore e casa editrice sarà presto disponibile per gli studiosi e il pubblico che vorrà avvicinare il Professore anche da questo non secondario punto di vista.

La presentazione di LunaPress sul suo sito web, tra le altre cose, descrive così il volume:

È un’opera che non mira a ‘ricostruire’ una libreria fisica un tempo esistita, ma piuttosto mappa una collezione immaginaria, compresi i libri o altri stampati che Tolkien un tempo possedette (e può aver letto o meno). Oltre a ciò, si menzionano opere che non possedeva, ma che è noto abbia lette o consultate (come ad esempio la serie di libri di fiabe di Andrew Lang che consultava alla Bodleian), e opere cui ha fatto riferimento a nei suoi scritti ma che potrebbero non essere state di sua proprietà o direttamente consultate.

I primi commenti, aggiunti in calce alla presentazione sul sito, portano firme quali, oltre al citato Tom Shippey, Dimitra Fimi, Wayne Hammond e Christina Scull nonché di Giovanni Carmine Costabile, presente a sua volta tra i lettori che hanno avuto la fortuna di posare gli occhi in anteprima sul testo.

Quanto ai tempi di pubblicazione, l’editrice annuncia che comunque avverrà in tempo per il Tolkien 2019, dal momento che gli autori di testo e prefazione Cilli e Shippey sono già annunciati come presenti all’evento per una corposa sessione di firma copie: ragione di più per non lasciarsi sfuggire il grandioso evento e di unirsi alla nostra spedizione per presenziarvi assieme (al link tutte le indicazioni su come fare).

Abbiamo dunque il primo nome italiano nel novero dei relatori per l’anno prossimo: chissà che, dopo l’imminente visita all’archivio tolkieniano della Bodleian Library, tra le righe precedenti non sia già in pectore anche la menzione del secondo? Vi terremo aggiornati!

Favolare Festival Fantasy

Domenica 27 maggio saremo presenti al castello di Piovera (AL), in via Balbi, 2, dove nell’ambito della giornata Favolare Festival Fantasy cureremo il programma delle conferenze dedicate a Tolkien.
Tutte le presentazioni si terranno nell’area “Cantine del Castello” con il seguente programma:

– ore 11:00 Lingue, miti e storie della Terra di Mezzo – Relatore Gianluca Comastri
– ore 14:30 C’è un drago nel Regno! – Relatore Paolo Gulisano
– ore 16:30 A tu per tu con Tolkien – faccia a faccia con Paolo Gulisano e Gianluca Comastri

Per completare l’angolo dedicato alla Terra di Mezzo sarà presente anche la Compagnia de’ Viaggiatori in Arme, che proporrà momenti di animazione per tutti durante l’intera giornata.

Vi aspettiamo!

Hobbiton XXIV, I Regni del Sud

La festa tanto attesa sta per tornare!
Preparate le scorte di pan di via perché il viaggio verso la Hobbiton è iniziato. La Società Tolkieniana Italiana vi attende al grande evento dell’anno!

Gli hobbit stanno preparando grandi sorprese per tutti voi!
Sabato 14 e domenica 15 aprile 2018 la Terra di Mezzo si trasferirà al Castello di Cellamare, a pochi chilometri da Bari, in Puglia.

L’evento si svolgerà:
➡ Sabato 14 aprile dalle 15:00 alle 23:00 (chiusura stand ore 21:00)
➡ Domenica 15 aprile dalle 10:00 alle 21:00

Ricordate: nella miglior tradizione Hobbit, l’ingresso è GRATUITO!


Popoli liberi della Terra di Mezzo, ecco a voi il PROGRAMMA completo della 24ª edizione di Hobbiton!

Programma principale

Sabato 14 aprile

15:00 Apertura manifestazione
17:00 Sala conferenze – Lezione di lingua elfica e presentazione del libro “Le lingue degli Elfi della Terra di Mezzo” con l’autore Gianluca Comastri. Modera l’incontro Oronzo Cilli
18:00 Sala conferenze – Presentazione del libro “De Turribus Tenebrarum – L’enigma delle torri maledette” con l’autore prof. Luigi Pruneti. Modera il giornalista Manlio Triggiani
18:15 Palco principale – I Saloni del Fuoco, reading animato a cura di Fatti di Sogni
19:30 Sala conferenze – Presentazione del libro “Viaggio verso la vita e altri racconti…” con l’autore Vito Filograno. Modera la giornalista Ida Vinella
21:00 Palco principale – Le Stelle di Hokuto in concerto

Le sale del castello chiuderanno alle 21:00.

Domenica 15 aprile

10:00 Apertura manifestazione
10:30 Sala conferenze – Sui sentieri del fantasy: il mondo senza confini di J.R.R. Tolkien, conferenza con Oronzo Cilli (autore di “Tolkien e l’Italia”), prof. Vito Fascina, Daniele Milano (autore di “Il leone e la terra ribelle”), Antonio Polosa (autore di “Gheler l’esploratore”), Giulia Rucci (autrice di “Alya’dorth”). Modera l’incontro Gianluca Comastri
12:30 Palco principale – Inchiostro e musica, reading musicale con i TerraDiMezzo
15:30 Palco principale – Cosplay Challenge, esibizioni dei cosplayer
16:30 Palco principale – I Saloni del Fuoco, reading animato a cura di Fatti di Sogni, a seguire premiazione Cosplay Challenge
17:30 Palco principale – Raduno e partenza della sfilata Sfida nella Terra di Mezzo: Nani contro elfi
19:30 Palco principale – TerraDiMezzo in concerto: canti e suoni dalle pagine di Tolkien

Attività collaterali

Escape Room “Fuggite, sciocchi!”
Risolvi gli enigmi prima che il tempo finisca: animazione a cura di Fatti di Sogni
Prenotazione consigliata

Caccia al tesoro
Entra nella Compagnia dell’Anello e trova i tesori perduti: animazione a cura di Fatti di Sogni

Attacco al Fosso di Helm
Partecipa al grande assedio con le nostre mini catapulte, a cura di Midgar

Esposizioni di abiti e stampe 3D
Guarda da vicino armature, abiti e oggetti, a cura di Midgar e Dwarven Armory

Realtà virtuale, esplora la Terra di Mezzo
Immergiti in scenari fantastici e gioca con noi, a cura di BGamer

Metodo Caviardage
Laboratori creativi a cura di Immacolata Mancino
Sabato 14 Aprile
Draghi, elfi e cavalieri ore 17.30-19.00
Piccoli elfi (per bambini in età scolare) ore 16.00-17.00
Domenica 15 Aprile
Il cerchio delle fate ore 11.00-12.30
La foglia di Lothlórien ore 17.30-19.00
Piccoli elfi (per bambini in età scolare) ore 16.00-17.00
Prenotazione consigliata

Altre attività
Disegnatori e fumettisti con Grafite
Boardgame e giochi da tavolo con Finibus Terrae
Giochi di ruolo dal vivo con ALA e Ricrepulia
Giochi della tradizione medievale e realtà virtuale con Eternia e Biblioteca Silmarillion

Le sale del castello chiuderanno alle 21:00.

Il programma potrebbe essere soggetto a variazioni dovute a cause di forza maggiore svincolate dalla volontà degli organizzatori.

“Il Signore degli Anelli”, l’arrivo in Italia

Vi proponiamo un testo tratto dalla relazione tenuta da Sara Caramanico al recente Tolkien Reading Day di Bucchianico. La giovane autrice si è dedicata prevalentemente alla ricostruzione della storia dell’arrivo delle opere di Tolkien in Italia, traendone una sintesi che completa le informazioni bio-bibliografiche sul Professore.


Il Signore degli Anelli in Italia: la storia, le edizioni, la ricezione

In Italia su John Ronald Reuel Tolkien, soprattutto negli ultimi venticinque anni, si è scritto e detto molto. Studiosi, giornalisti, esperti e appassionati hanno esaminato le opere tolkieniane, e in particolar modo Il Signore degli Anelli, in modo accurato e approfondito, analizzando gli aspetti linguistici, tematici, culturali, religiosi.

Ma qual è stata l’accoglienza in Italia del capolavoro tolkieniano? E soprattutto quali sono state le principali edizioni e quali storie si celano dietro la loro pubblicazione?

Grazie alle ricerche compiute dallo studioso ed esperto Oronzo Cilli e riportate nel volume Tolkien e l’Italia, sappiamo che per ben due volte la Mondadori fu sul punto di aggiudicarsi la pubblicazione del SdA. Nel 1954, all’indomani dell’uscita di The Fellowship of the Ring e The Two Towers ad opera della Allen & Unwin, la principale casa editrice italiana aveva degli stretti rapporti di collaborazione con l’editore inglese. Si trattava per lo più di un passaggio di testi e autori e, proprio in virtù di questi scambi, fu proposto alla Mondadori di pubblicare il primo volume della trilogia. L’editore milanese, però, dopo aver esaminato l’opera e fatto redigere dei pareri di lettura, si tirò indietro, giustificando la propria scelta con una serie di motivi. Innanzitutto si trattava di un romanzo troppo lungo che, seppur diviso in tre volumi, non si reputava adatto al pubblico italiano, allora affamato di storie ancorate alla realtà. A questo primo rifiuto ne seguì un altro otto anni dopo, nel 1962, quando due intellettuali quali Elio Vittorini e Vittorio Sereni (che lavoravano nella Mondadori) si opposero alla pubblicazione, non riconoscendo pienamente il valore dell’opera e giudicandola priva di riferimenti alla realtà.

I tempi dunque si prolungarono e dovettero passare cinque anni fino a che il romanzo potesse vedere la luce in Italia. È il 1967: un editore romano, Mario Ubaldini della Astrolabio-Ubaldini, si aggiudica i diritti della pubblicazione e a novembre nelle librerie italiane compare la prima edizione della Compagnia dell’Anello, in hardcover con sovraccoperta. La traduzione venne affidata alla giovanissima Vicky Alliata di Villafranca (allora quindicenne) che tradusse di notte ricevendo un compenso di 800 lire a cartella. Di quell’edizione (oggi rarissima) vennero vendute solamente 400 copie perché il pubblico di riferimento della Astrolabio (abituato a testi di sociologia, psicologia e filosofia) non era pronto ad accogliere un’opera come quella tolkieniana.

Così, tre anni dopo, nella storia editoriale del SdA si inserì il marchio fondato a Milano da Edilio Rusconi. Fu il suo direttore editoriale, Alfredo Cattabiani, su forte esortazione dei suoi collaboratori Quirino Principe e Elémire Zolla, a pubblicare per la prima volta in Italia l’opera in volume unico. L’edizione Rusconi, uscita nell’ottobre del 1970, passò sotto gli occhi e le mani di diversi collaboratori: Elémire Zolla ne scrisse l’introduzione, Quirino Principe riscrisse le appendici, si occupò di diversi aspetti della traduzione e disegnò la Mappa della Terra di Mezzo, Lorenzo Fenoglio curò l’editing e Piero Crida realizzò l’immagine di copertina. Quell’edizione, rilegata con sovraccoperta, ottenne un successo inaspettato ma allo stesso tempo tanto agognato e, oltre ad essere seguita da tre immediate ristampe, portò alla pubblicazione di altre edizioni del SdA e delle altre opere di Tolkien. Sotto il marchio Rusconi fino al 1999 sono state pubblicate 10 edizioni del Signore degli Anelli, di cui 7 in volume unico e 3 in trilogia. Degne di nota sono le cosiddette edizioni “in pelle marrone” (1970) e “in pelle verde” (1984 e 1997), molto rare e preziose sia per il tipo di carta utilizzata e per la rilegatura in pelle sia perché ne furono stampate poche copie, attualmente disponibili a cifre elevate.

Dopo lo smembramento della Rusconi, i titoli tolkieniani sono passati a partire dal nuovo millennio alla concittadina Bompiani che, come tutti sanno, ne detiene ancora i diritti, pur essendo passata dal marchio RCS al gruppo Giunti. Nei primi tre anni la Bompiani ha messo in commercio delle edizioni non particolarmente innovative o memorabili. La svolta c’è stata a partire dal 2003 sotto la direzione editoriale di Elisabetta Sgarbi e con la digitalizzazione del testo, che ha portato a qualche modifica nella traduzione grazie al lavoro della Società Tolkieniana Italiana. Attualmente le edizioni Bompiani sul SdA sono 15, di cui 10 in volume unico e 5 in trilogia. Altri editori italiani nel corso degli ultimi cinquant’anni si sono affacciati sulla storia del capolavoro tolkieniano: si tratta di Euroclub, De Agostini, Club degli Editori, Edizione Club, Mondolibri e RCS Quotidiani che in totale hanno pubblicato 9 edizioni.

Ma a questo punto sorge una domanda: come sono stati recepiti Tolkien, la sua opera e la sua mitologia nel nostro paese? Per dare una risposta occorre prima spiegare il contesto storico, politico e culturale dell’Italia degli anni ’70 e ’80. Un contesto basato sulla netta contrapposizione politico-ideologica tra la destra e la sinistra, contrapposizione che permeava anche la sfera culturale. Ebbene, in base a questo principio e a questo clima si sono creati fin da subito due giudizi diversi: da un lato la destra e l’estrema destra hanno trovato nel romanzo degli elementi che sentivano affini alla propria visione del mondo (mito del sangue nobile, esaltazione del passato e di un mondo pre-industrializzato, società non democratica) e progressivamente se ne sono appropriate, stravolgendone molto spesso il significato (come nel caso dei Campi Hobbit). Dall’altro lato la cultura egemone, basata sui dogmi del marxismo, e la sinistra hanno dapprima rifiutato il testo giudicandolo non conforme ai canoni da loro seguiti e professati; in una seconda fase hanno invece scagliato sul Signore degli Anelli tutta una serie di critiche e accuse che non hanno interessato tanto lo stile del romanzo, quanto piuttosto i suoi contenuti. Tolkien è stato infatti accusato di essere un razzista, un anarchico, un fascista e di aver messo in cattiva luce Stalin e l’Unione Sovietica paragonandolo a Sauron e a Mordor.

Questo clima di rigida contrapposizione fra i due sistemi di pensiero ha cominciato lentamente a dissolversi in prossimità di due eventi: il centenario della nascita di Tolkien (1992), con la fondazione della Società Tolkieniana Italiana, e l’uscita dei film di Peter Jackson (2002-2004). I critici e la stampa, in molti casi, hanno rivisto le loro posizioni originarie cercando di sdoganare la lettura e l’interpretazione del testo da qualsiasi giudizio di tipo politico e ideologico.

Oggi il romanzo in Italia ha assunto le dimensioni di un best seller e ha inaugurato anche nel nostro paese un vero e proprio culto tolkieniano, insieme a tutte le altre opere dello scrittore inglese, che vengono lette da un numero sempre più crescente ed eterogeneo di persone.

“La Caduta di Gondolin”, nuova uscita annunciata

Dopo alcuni giorni di voci che si sono rincorse, soprattutto sui social (dove anche noi ne avevamo accennato), è giunto l’annuncio ufficiale: gli editori hanno annunciato per fine agosto l’uscita del nuovo volume curato da Christopher Tolkien che, come da previsioni basate sugli indizi circolanti da alcuni giorni, avrà per titolo e argomento La Caduta di Gondolin. Di poco fa è anche l’ufficializzazione della copertina, che qui presentiamo.

L’annuncio ufficiale del volume, intitolato The Fall of Gondolin, è di poco fa ed è stato lanciato tramite una breve nota su TheBookSeller, dalla quale si evince poco più della data di uscita prevista:

HarperCollins has announced J.R.R Tolkien’s The Fall of Gondolin will be published in the UK in August 2018.

Si tratta dunque dell’atteso volume con cui Christopher Tolkien chiude il trittico delle grandi storie dei Tempi Remoti, che fa seguito a I figli di Húrin del 2007 e Beren e Lúthien dell’anno scorso. Come testimonia la copertina, le illustrazioni sono una volta di più a firma di Alan Lee e, al solito, la pubblicazione uscirà per i tipi di Harper&Collins nel Regno Unito e di Houghton Mifflin Harcourt negli Stati Uniti. Contemporaneamente sono già state annunciate anche un certo numero di traduzioni, anche se per ora poco si sa sui tempi: David Brawn, responsabile editoriale di Harper&Collins per le opere di Tolkien, ha confermato come data d’uscita per il Regno Unito il 30 agosto e per ora sull’argomento è tutto ciò che è dato sapere.

Proprio ieri su Tolkien Italia era uscita una dettagliata analisi che ricostruiva l’intera vicenda, in lieve anticipo rispetto all’annuncio ufficiale di queste ore. «Ne avevamo dato trepidanti l’indiscrezione domenica scorsa su Facebook», si legge nell’articolo, «dopo che da qualche giorno si susseguivano mormorii e considerazioni. In molti nel mondo degli appassionati erano titubanti quanto noi, qualcuno in Italia tra chi lesse la nostra pubblicazione credette trattarsi di un tradizionale scherzo del 1° aprile. Oggi però gli stores sono stati aggiornati con una descrizione e il titolo di quel prodotto librario dapprima Untitled». La descrizione ufficiale, comparsa tra gli altri sui canali distributivi di Amazon, non lasciava spazio ad altre ipotesi (sgombrando nel contempo, per il sollievo generale, anche quella che si trattasse di uno scherzo di stagione che agli appassionati sarebbe parso particolarmente pungente):

Nel Racconto di La Caduta di Gondolin si narra delle due massime potenze del mondo. Dalla parte del supremo male Morgoth, invisibile in questa storia ma al comando di un’immensa forza militare dalla sua fortezza di Angband. Radicalmente contrapposto a Morgoth è Ulmo, secondo in possanza solo a Manwë, signore dei Valar.

Centrale in quest’ostilità tra gli dei è la città di Gondolin, bellissima e inaccessibile. Costruita ed abitata dagli Elfi Noldorin i quali, quando risiedevano in Valinor, la terra degli dei, si ribellarono contro il loro decreto ed esularono nella Terra-di-mezzo. Turgon Re di Gondolin da Morgoth è odiato e temuto al di sopra tutti i nemici, invano si adopera alla ricerca della splendida città nascosta, mentre gli dei in Valinor in un infiammato dibattito per la gran parte rifiutano di intervenire in favore dei desideri e dei piani di Ulmo.

In questo mondo fa il suo ingresso Tuor, cugino di Túrin, strumento dei piani di Ulmo. Da lui guidato, non visto s’allontana dalla sua terra natia in un pericoloso viaggio verso Gondolin; ed in uno dei momenti decisivi della storia della Terra-di-mezzo il dio del mare stesso compare dinanzi a lui, emergendo dall’oceano in tempesta. In Gondolin diventa grande; viene sposato a Idril, la figlia di Turgon, e loro figlio è Eärendel, la cui nascita e la sua profonda importanza per i giorni a venire da Ulmo è presagita.

Infine giunge la terribile conclusione. Morgoth apprende grazie ad un atto di alto tradimento tutto quanto abbisogna per preparare una devastante offensiva sulla città, con Balrog, draghi e innumerevoli Orchi. Il racconto, dopo aver offerto un resoconto dispiegato minuziosamente della caduta di Gondolin, termina con la fuga di Tuor e Idril, con il bimbo Eärendel, che si volta dal crinale delle montagne sulla strada a sud della fuga, a guardare la città in ardenti macerie. Si dirigevano verso una nuova storia, il Racconto di Eärendel, che Tolkien non hai mai scritto, ma che viene abbozzato in questo libro da altre fonti.

Nel solco della presentazione di Beren e Lúthien Christopher Tolkien, ha usato lo stesso approccio della “storia in sequenza” nel preparare quest’edizione di La Caduta di Gondolin. Con le parole di J.R.R. Tolkien, essa era “la prima vera storia del mio mondo immaginario” e, insieme con Beren e Lúthien I Figli di Húrin, lo considerava uno dei tre “Grandi Racconti” dei Giorni Antichi.

Che dire riguardo ai contenuti? Secondo l’articolo, anche per questo aspetto vi sono alcuni indizi che possono darne un’idea: «La descrizione oggi trapelata dice molto sulla forma e lascia intuire i contenuti che vi potranno confluire. Innanzitutto, si tratta di un testo costruito con il metodo di già collaudato per Beren e Lúthien e perciò non, come alcuni auspicavano, una vicenda narrata con unità di stile e continuità di contenuti come realizzato per I Figli di Húrin. Proprio a fronte di quanto affermato e dato alla stampa in Beren e Lúthien dal curatore, era prevedibile che un libro su Tuor e la Caduta di Gondolin sarebbe risultato in una collezione di diverse versioni della vicenda introdotti e corredati da un commentario che inquadra i singoli testi nello sviluppo della storia attraverso le fasi compositive della mitologia dell’autore. Senonché gli scritti di Tolkien su Tuor e la Caduta di Gondolin sono molto più frammentari di quelli sulla gesta di Beren e Lúthien, per cui Christopher Tolkien si è potuto anche permettere il “lusso” di una notevole selezione nel libro dedicato». Dunque, con qualche disappunto dei tanti che avrebbero gradito maggiormente un testo narrativo più scorrevole, dovrebbe trattarsi di un nuovo volume “antologico” rivolto più agli studi sull’evoluzione della vicenda. Ma, a parziale consolazione, potrebbero esservi anche altre autentiche chicche: «Probabile inoltre che anche la storia di Maeglin, figlio dell’Elfo Scuro Eöl e di Aredhel sorella del Re, cagione della rovina, vi troverà un discreto spazio. Proprio per questo motivo, considerando questi brani nella loro interezza e per il loro ruolo, colpisce che l’edizione conti addirittura 300 pagine. Se non è possibile trasporre con sicurezza i formati delle edizioni considerate finora con quello in arrivo, in ogni caso siamo di fronte a spazi che un commentario sobrio come quello di Beren e Lúthien (da qualcuno valutato insufficiente, sicuramente meno impegnativo di quelli in The History of Middle-earth) difficilmente potrebbe colmare. Ecco dunque che la descrizione ci fornisce un elemento di notevole rilievo, ovvero che il libro conterrà anche il Racconto di Eärendil (curiosamente nella descrizione riportato con la sua dizione più antica “Eärendel”), ovvero il quarto dei Grandi Racconti, quello mai scritto in una forma soddisfacente, o anche solo comprensivo di una parte significativa della vicenda, in nessun momento della vita dell’autore. Poco più che accennato in brevi resoconti cronachistici, appunti sparsi e nelle numerose riscritture delle poesie a lui dedicati, la sua assenza è la più importante lacuna della mitologia tolkieniana. Dalla descrizione non si capisce se Christopher abbia voluto raccogliere tutti i frammenti sul Navigatore e presentarli in una trattazione inedita, o se abbia tentato di stendere una (comunque molto) breve versione della sua storia diversa da quella presente in Il Silmarillion, che sia compatibile con la mitologia in una fase della sua evoluzione in cui essa ha raggiunto una certa completezza. Sarà sicuramente uno degli elementi più attesi della prossima edizione. Non è perciò detto che non sarà presente del materiale del tutto inedito, al contrario del suo predecessore, anche se al momento sbilanciarsi è impossibile».

Dandovi dunque l’appuntamento ai prossimi sviluppi, che non mancheremo di riferire puntualmente, vi invitiamo a scorrere per intero la ricostruzione effettuata da Tolkien Italia che contiene molti altri spunti e dettagli interessantissimi,

Concorso di Disegno CdViA (2a Edizione)

Sono aperte le iscrizioni alla seconda edizione del concorso di disegno “Tolkien: fumetto… e non solo!” a cura della Compagnia de’ Viaggiatori in Arme in collaborazione con “WOW – Spazio Fumetto – Museo del Fumetto di Milano” e “STI – Società Tolkieniana Italiana”.

Trovate qui tutte le informazioni!

La Tolkien Society annuncia il “Tolkien 2019”

Con un vero e proprio colpo di scena la Tolkien Society ha colto l’occasione del Reading Day per annunciare Tolkien 2019, la più grande celebrazione mai tenuta in onore del grande autore e intellettuale a cui tutti siamo devoti. L’ evento si terrà dal 7 all’11 agosto 2019 e si propone di riunire centinaia di appassionati, studiosi e artisti provenienti da tutto il mondo che hanno trovato nella Terra di Mezzo la loro principale fonte di ispirazione.

Un anniversario per radunarli tutti

Il Tolkien 2019 sarà anche l’occasione per festeggiare i 50 anni della Società culturale che continua ad essere la nostra guida e ispirazione, nel solco della tradizione dei grandi eventi degli anni scorsi Tolkien 2012: Return of the Ring, Tolkien 2005: The Ring Goes Ever On e la Conferenza del centenario del 1992. Come comunica la stessa Tolkien Society nel darne notizia, si attende un afflusso di pubblico notevolmente maggiore di quello delle “normali” Oxonmoot, a cui saranno offerti «una serie impressionante di relatori , insieme a pannelli, giochi, quiz, mostre d’arte, produzioni teatrali, commercianti, un banchetto, balli, laboratori e molto altro ancora»

Al momento hanno già dato la loro conferma relatori di primissimo piano del calibro di  Wayne Hammond, Christina Scull, Tom Shippey e Brian Sibley, oltre all’eccelsa matita di Alan Lee.

Se poi qualcuno volesse contribuire a questa grande manifestazione da protagonista, con un suo contributo originale, può sin da ora prendere visione del Call for Papers e mettersi all’opera!

Posizione

Tolkien 2019 si svolgerà presso il Macdonald Burlington Hotel a Birmingham, ove sorgeva la casa in cui J.R.R. Tolkien trascorse la sua infanzia.

Man mano che si avvicinerà l’evento daremo ulteriori notizie e aggiornamenti.