Tolkieniani Italiani – Intervista a Fabio Leone

Fabio Leone nasce nel 1979 a Latina. Nel 2004 si diploma in Pittura ad olio all’Accademia di Belle Arti di Roma. Dal 2005 al 2008 lavora quasi esclusivamente come pittore di icone tradizionali cristiane. Dal 2008 affiancato mia moglie nel suo lavoro di illustratrice. Nel 2009 viene rappresentato dall’agenzia Bright, collaborazione che si protrae fino al 2017, dipingendo per commissioni nel settore educazionale/storico, e dedicandosi al thriller/horror e al fantasy a titolo personale. Nel 2013 vince il Language Learner Literature Award per le sue illustrazioni di The Legend of Sleepy Hollow di Washington Irving. Nel 2015 gli viene assegnato il Tolkien Society Award per Best Artwork, con l’opera Ulmo appears before Tuor. Le sue illustrazioni sono incluse in molte pubblicazioni in giro per il mondo, edite da Miles Kelly, Compass Media, Pearson, Oxford University Press, Nelson Evergreen, MacMillan, Skolska Knjiga, Bill Studio Group, Qbs Learning, Templar e altre. Andiamo a fare la sua conoscenza per tramite del fuoco di fila delle domande che gli ha posto Giovanni  Costabile.

Caro Fabio, innanzitutto lascia che ti ringrazi a nome dei Cavalieri del Mark e della Società Tolkieniana Italiana, nonché a titolo personale, per aver acconsentito a rispondere alle nostre domande. Sei un grande nome per gli appassionati di Tolkien e un punto di riferimento tra gli illustratori tolkieniani italiani. Pensa che quando ho detto alla mia ragazza (tolkieniana di puro sangue Eldarin anche lei) che ti avrei intervistato, lei ha esclamato: “No! Per davvero?”

Sono lusingato, è sempre un piacere essere raggiunto dal pubblico. Onestamente non mi capita spesso e, tempo permettendo, cerco sempre di condividere la mia esperienza con chiunque ne possa giovare. Un avviso ai lettori: detesto cordialmente i “VIP” che si allontanano dal pubblico. Sono un tipo alla mano e potete contattarmi liberamente sui social. Nei limiti di tempo risponderò come posso.

Beh, io parteggio per l’idea di cominciare con le domande difficili. Tolkien è noto abbia scritto che le illustrazioni ai suoi libri dovrebbero riguardare i soli ambienti e paesaggi, per lasciare ai lettori la libertà di immaginare da sé i personaggi. Impose ciò persino a una grande artista come Pauline Baynes. Ma in effetti molti mi dicono che faticano a immaginare i personaggi tolkieniani al di là dei film di Peter Jackson, sebbene io non abbia mai avuto un simile problema perché sono ospite a Gran Burrone ogni altro fine settimana. A parte gli scherzi, come giustifichi il contravvenire, chiaramente diffusissimo e non solo tuo, ai desideri di Tolkien?

Tolkien, come altri grandi autori, comprendeva pienamente il meccanismo di “proiezione/identificazione” che il lettore pone in essere quando interagisce con l’opera d’arte. Un bel paesaggio dipinto può “tirarci dentro”, specialmente se osserviamo grandi tele di maestri paesaggistici, una storia scritta secondo gli stessi stratagemmi usati da Tolkien permette al lettore di “riempire” gli spazi vuoti adoperando il proprio “archivio interiore d’immagini” e, di rimando, sviluppare un legame più forte con personaggi che, almeno in parte diventano proiezione del pubblico. Se ci pensate bene I manga utilizzano spesso questa dinamica rappresentando gli eroi con uno stile molto semplice, ai limiti dell’astratto, mentre l’antagonista è reso estraneo, “altro da me”, venendo rappresentato in modo più realistico… è più facile percepire l’entità “separata” come sconosciuta ed inquietante. Altro esempio brillante ed eloquente è il fumetto “Le avventure di Tin Tin”, creato da Georges Remi, ove il personaggio principale può facilmente rappresentare chiunque lo legga, data la semplice estetica con cui è rappresentato, ma essendo un fumetto basato su esplorazione e scoperte, è il paesaggio ad essere rappresentato in modo realistico e, di rimando, misterioso e sconosciuto. Gli artisti che scelgono di affrontare Tolkien proiettano la loro estetica nel cercare di dare forma ai personaggi… è quasi inevitabile (dico “quasi” perché c’è chi sceglie volontariamente di dare il posto d’onore al paesaggio ed alla storia in esso intessuta, come ad esempio Ted Nasmith). La sottile linea da non oltrepassare è , per me, il non tradire “troppo” Tolkien, rappresentandolo  con  ponderato rispetto per la sua opera, intenzione, morale, filosofia… in altre parole: illustrando Tolkien nel senso etimologico del termine: “fare luce, rendere chiaro, spiegare”. Detesto quando un artista sfrutta un autore per parlare delle proprie idee… non sta illustrando, sta sfruttando la fama altrui. Discorso a parte merita la ripetizione non immaginifica delle scene dei film… capisco che il cinema sia media potentissimo (ed il nostro cervello si è evoluto per trattenere con maggiore chiarezza informazioni in “movimento”) ma non riesco a valutare nulla di più dell’autore dell’immagine tranne che la capacità tecnica della copia, non c’è vero dialogo con tali dipinti, solo un proclamo da parte dell’artista che sembra dire “Hey! Mi piace questa scena!”. È un’opportunità sprecata.

D’altronde Tolkien scriveva anche che intendeva lasciare la Terra di Mezzo ad altre mani, menti e voci. Adesso entriamo nel vivo e prendiamo direttamente in mano una coppia di tuoi lavori, il maestoso Elessar e la regale Queen Arwen Undomiel. Penso sia la prima volta che vedo i due personaggi raffigurati in età avanzata e ti faccio i miei complimenti per l’originalità dell’approccio, due opere veramente notevoli. Ci racconti come le hai pensate, come è nata l’idea?

Il primo a “venire a galla” nella mia immaginazione è stato Elessar. Come ho accennato precedentemente, le immagini della trilogia cinematografica erano (e sono) canone in questi anni. Avevo già dipinto alcuni ritratti ed avevo pensato di rivolgermi ad Aragorn. Non molti lo hanno rappresentato come Elessar, come colui che ha finalmente preso su di se il ruolo di Re dei regni di Gondor/Arnor e volevo che la rappresentazione rispettasse l’età del personaggio. Essendo Númenóreano Aragorn “si mantiene bene”, ma non è neanche un arzillo 30enne ai tempi dell’incoronazione. Ecco allora che ho preferito rappresentarlo più anziano, con qualche cicatrice sul volto, I segni di una probabile frattura al setto rimarginata (aguzzate la vista!)  e qualche dettaglio che dia spessore al suo background: la spilla di Lothlorien, un manto rosso regale, una corona che rappresenti in modo adeguato le tradizioni di Gondor. Per I puristi: garantisco che ho tentato di rappresentare la corona in modo “ortodosso” rendendola simile allo schizzo di Tolkien e nel solco della cultura egiziana dei faraoni… ma non funzionava. Per un primo piano dovevo ridurre qualcosa. Chiedo venia. La seconda, Arwen, è emersa da una esigenza differente ma si è incastonata nella stessa logica estetica del suo celebre marito: sto ragionando molto tempo un dipinto con lei protagonista ed ho pensato che studiare un ritratto mi avrebbe favorito nel dipingerla successivamente in una situazione più complessa. Come per Elessar ho deciso di rappresentarla in un momento differente dalle solite rappresentazioni ed attingere dalle Appendici. Nella mia mente Arwen sta ascoltando le parole di Aragorn “In sorrow we must go, but not in despair. Behold! We are not bound for ever to the circles of the world, and beyond them is more than memory. Farewell!”. Questa Arwen è rappresentata con I capelli più corti, probabilmente in lutto, I capelli corvini che si dice ereditati dalla bis-bis-nonna Luthien, sono ingrigiti. Come Elessar lei dispone di una lunga vita ma al “passaggio” di lui anche lei sente che il tempo di lei è al termine. Sta per partire da Gondor per recarsi a Cerin Amroth e lì rendere lo spirito ai Valar come mortale. I colori che lei indossa richiamano l’autunno, la corona la cultura elfica e… si, preferisco orecchie a punta per gli elfi… dopo aver ruminato molto tale dilemma.

Passiamo al magnifico Gandalf the servant of the Secret Fire. È evidente in tale opera l’ispirazione dall’iconografia ortodossa, che inizialmente può apparire una scelta bizzarra, sebbene trovi riscontro anche nelle interpretazioni dell’artista inglese Jay Johnstone. Come commenti la tua interpretazione?

Penso che molti dipinti “personali” nascano dal pensiero dell’autore quando si dice “sarebbe divertente se…”. Ho una passione per l’arte della pittura d’icone, conosco la tecnica ed i metodi. L’ho praticata per anni… poi leggendo Tolkien mi sono trovato in linea con quanto un lettore gli fece notare: sembra che una luce brilli ma senza che alcuna lampada sia visibile. Di per se è una descrizione molto…Cristiana! So bene che Tolkien si è opposto arduamente contro le letture “allegoriche” della sua opera e la mia scelta di rappresentare Gandalf come un Santo (solo i santi possono essere rappresentati in icone) non ha intenti allegorici. Ma è interessante notare come Gandalf abbia molteplici punti in comune con la figura del “Santo” cristiano. Riflettendo su questi punti di contatto un giorno, mentre ragionavo sul come “rinfrescare” la mia conoscenza circa tecnica iconografica mi sono detto: “perché non Gandalf?”. Così ho applicato i canoni estetici e tecnici nell’elaborare un disegno del Gandalf Archetipico, dotato dei suoi attributi propri (Glamdring, il bastone, il manto, il cappello, I colori propri) ed il volto tipico degli asceti orientali. Non volendo usare il Nimbo dorato, che si conviene solo ai santi, ho declinato l’idea già da me applicata del poema dell’anello usato come Nimbo (o “aureola” se prefereti il decadente termine post-Giotto): essendo Gandalf non sotto l’influenza dell’Unico Anello, il suo volto non è circondato dal poema dell’anello ma dal simbolo che lo identifica come messaggero di Eru Iluvatar  “I am a servant of the Secret Fire, wielder of the flame of Anor”, frase con cui dichiara autorità sopra la “fiamma di Udun”. È stato per me un lavoro infinitamente divertente, ma confesso di aver ricevuto una bella ripassata dalla mia maestra d’icone. A titolo personale posso dire di apprezzare lo sforzo di Jay Johnstone, soprattutto nelle ultime sue opere “iconografiche”, ma Tolkien non scriveva “imitando la vecchia letteratura”, lui scriveva la letteratura che  amava… allo stesso modo penso che la scelta di rappresentare Tolkien con stile iconografico sarebbe più confacente se fatto come moderne icone dipinte nel solco della tradizione iconografica tradizionale e non “imitando vecchie icone” come Johnstone sembra preferire. Talvolta sono piuttosto difficile da accontentare, lo so, ma è solo perché amo l’arte delle icone.

Ora ho scelto proprio quest’opera anche per un altro motivo, ovvero che l’ispirazione ortodossa suggerisce esplicitamente una simbologia religiosa cristiana, che pure certuni contestano. Tu come ti poni nella controversia sul Tolkien cattolico? Ci sono margini secondo te per dubitare che l’opera di Tolkien sia cattolica come il suo autore, pur senza nulla togliere ad altre indubbie influenze?

No. È lampante. L’opera di Tolkien è ardentemente religiosa. Alcune opere lo sono meno (prendiamo ad esempio Roverandom o Farmer Giles of Ham), ma Il Signore degli Anelli è profondamente religioso. Penso che la controversia sia solamente apparentemente legata al dibattito circa il “Tolkien cattolico”  ed invece segno dell’intimo smarrimento e fastidio che taluni provano quando si scoprono emozionati ed ispirati da un autore che ha molto di cristiano da dire… sebbene contemporaneamente si disdegni il cristianesimo in tutte le sue forme, secolari e non.

Ora un momento retrospettiva. Uno dei post sempreverdi nei gruppi tolkieniani domanda agli altri appassionati come si è conosciuto Tolkien per la prima volta, oppure, come mi piace esprimere la stessa idea, per quale porta (rigorosamente tonda) o finestra si è entrati in casa Baggins. Hai avuto un tuo personale Gandalf che ha lasciato una runa per te su quella porta?

Ne ho due. Il primo è il fratello di un mio grande amico d’infanzia, Alessio. Abbiamo molti gusti in comune ed un giorno (ci conosciamo da quando eravamo undicenni) gli dissi che stavo leggendo “La spada di Shannara”. Suo fratello, che aveva il naso in un fumetto (mi pare Nausicaa), alzò il detto naso dalle dette pagine e disse: “Tolkien… solo Tolkien!”. E tornò a leggere. La seconda runa fu graffiata da “La storia infinita” cinematografico: Il libraio chiede a Bastian, ironicamente, se sapesse cosa I libri siano… e Bastian risponde di aver in casa 137 libri… ed elenca: “L’isola del tesoro”, “Il mago di Oz”, “L’ultimo dei Mohicani”, “Il signore degli anelli”… Quella lista mi è rimasta dentro. Conosco il film praticamente a memoria e quel libro, quell’autore continuavano a saltar fuori ovunque come una montagna all’orizzonte. Alla fine ho chiesto a mia madre di comprarmi una copia, avevo 12 o 13 anni. Il resto è storia.

Ma questo è stato solo l’inizio. Da allora ne hai fatta di strada insieme a Tolkien, se nel 2015 hai visto assegnarti il Tolkien Society Award per Best Artwork con Ulmo appears before Tuor. È un riconoscimento straordinario per un artista tolkieniano pur non essendo l’unico premio che ti è stato attribuito, e posso solo immaginare l’entusiasmo con cui hai accolto la notizia. Vuoi raccontarci come è andata?

Ho acceso il pc la mattina e trovato 137 notifiche. Ho pensato: “ma che cavolo..?”. Poi mi sono seduto, incredulo. Quando mia moglie si è alzata le ho semplicemente detto: “Non ci crederai, ma ho vinto”. Abbiamo preparato I bambini per l’asilo… poi nel resto della giornata ho lavorato per rispondere a messaggi ed email. Niente feste selvagge ma ne sono davvero soddisfatto.

Domanda di rito. Quali sono i modelli della tua arte? Credo di aver letto da qualche parte che tra i tuoi riferimenti illustrativi c’è il grandissimo Donato Giancola, e posso confermare che all’occhio si nota, ma ricordo un commento di Stefyart sul tuo profilo Deviantart che paragona il tuo stile a Rembrandt e Caravaggio, e penso anche a una tua illustrazione non tolkieniana, una delle tue prime opere, intitolata Jealousy. Qui mi pare di notare un taglio allegorico che ha del preraffaellita, se non mi inganno. Cosa c’è di vero in tutto questo?

Questa particolare illustrazione proviene da un libro pubblicato anni fa dalla Pearson, se non sbaglio, la protagonista, sul fondo, guardava con invidia I personaggi in primo piano. Ai tempi stavo cercando di stabilire uno stile che mi stimolasse ad approfondire. I preraffaelliti sono sempre in cima alla pila di libri che sfoglio per ragionare su delle soluzioni e nel dipingere questa illustrazione mi appoggiai a Waterhouse ed il suo “Mariamne Leaving the Judgement Seat of Herod” per studiare la tecnica e catturare quella specifica atmosfera. Ora come ora questo lavoro mi imbarazza perché prende troppo in prestito da Waterhouse.  Giancola è uno dei pilastri della mia “idea estetica”. Per dare contesto faccio un salto indietro:  ho avuto esperienza terribile in accademia delle belle arti ed il modo in cui la mia classe di pittura è stata guidata era riuscita ad annientare quasi tutta la mia voglia di dipingere. Stavo per “appendere al chiodo” il pennello. Un giorno però, sfogliando le pagine di un libro, vidi “The Taming of Smeagol” di Giancola. Opera eccezionale. Rinascimentale nell’anima, moderno nelle ispirazioni, tecnica perfetta. Ho pianto guardandola ed ho realizzato che potevo anche io trovare qualcosa che mi emozionasse nel dipingere. Quel singolo quadro mi ha salvato. I paragoni con Caravaggio e Rembrandt mi lusingano, e sono troppo gentili.

A proposito di quest’ultima opera, ricordiamo infatti che la tua arte prende anche spunto da altre fonti, di solito comunque opere letterarie, cinematografiche e videoludiche di genere fantastico e horror, da Batman a Game of Thrones, da God of War a Ladyhawke. In base a quale criterio scegli i tuoi soggetti, fintantoché la scelta non appartiene invece al committente?

C’è chi si emoziona nel dipingere ritratti, chi un manga, chi strappone scosciate. Tutti noi, mi azzardo a suggerire, siamo diapason… vibriamo in accordo con frequenze ristrette e mirate. Io rispondo alla tragedia, all’indagine interiore, all’eroismo epico. Non riuscirei a rappresentare con la stessa sincerità una eroina seminuda… ma datemi un personaggio dalla psicologia complessa ed io vado a nozze. Per questo, probabilmente , mi sono trovato a scegliere Navarre, Jamie Lannister, suo padre Tywin come protagonisti di illustrazioni. Hanno così tanto da dire! Così tanti dettagli possono essere inseriti per compensare la “densità di dettagli” necessari a delineare un volto dalla psicologia complessa! Ad esempio con Tywin ho potuto dipingere la storia di Casterly Rock sulla sua armatura, o con Navarre inserire elementi che spieghino il suo amore per Isabeu (come la treccia bionda fasciata di pelle che lui porta accanto al petto). Provate ad analizzare il mio “Stregone di Angmar” e troverete abbastanza dettagli per ricostruire una storia ipotetica da me composta per narrare gli eventi prima del suo “sbiadimento”! Trovo “God of war” un moderno capolavoro di design e “world building”. Non l’ho mai giocato, ma ho il libro del “Making of”. È oro zecchino per la ricerca artistica.

Infine torniamo ancora sui tuoi lavori tolkieniani. Chi ti segue ha notato la pubblicazione di uno studio su Eowyn. Come procede il lavoro su questo tema? Quando possiamo aspettarci una tua interpretazione della famosa scena del Re Stregone ne Il ritorno del re? Dopo la raffigurazione veramente unica che hai fatto del Signore dei Nazgûl prima di diventare Spettro, vedremo anche il Primo dei Nove ergersi in tutta la sua oscura maestà, prima che la Dama di Rohan lo vanifichi del tutto?

Il dipinto di Eowyn è in lavorazione da circa 3 anni. Gestazione complessa. Un rapporto attrattivo/repulsivo. Considero Il passaggio del confronto di Eowyn con il Dwimmerlaik tra I migliori della letteratura mondiale moderna su cui ho messo gli occhi. Mi terrorizza l’idea di non rendere giustizia alla dama di Rohan. “But the helm of her secrecy had fallen from her, and and her bright hair, released from its bonds, gleamed with pale gold upon her shoulders. Her eyes grey as the sea were hard and fell, and yet tears gleamed in them. A sword was in her hand, and she raised her shield against the horror of her enemy’s eyes”. Che parole. Mi commuovono anche ora che le ho citate qui. Sarò all’altezza di renderle visibili? Questo dipinto mi tormenta da anni. Sono arrivato ad una fase di stallo circa un anno fa. Poi, al Lucca Comics del 2018 ho avuto modo di sottoporlo all’attenzione di Todd Lockwood per chiedere lumi sul come procedere. Durante il suo workshop mi ha mostrato come risolvere alcune criticità ed ora sono pronto a continuare…  Sarebbe un sogno completarla per il Tolkien Society Award di quest’anno, ma al momento le possibilità che ciò si realizzi sono scarse.

Per concludere, ti porgo di nuovo i miei e nostri ringraziamenti, con un’ultima richiesta. C’è un augurio che vorresti fare ai giovani artisti tolkieniani in erba? Intanto ti offro il mio, in lingua Quenya, perché ci sono cose che solo la lingua degli Elfi di Aman può dire. E allora, caro amico, con l’auspicio di risentirci presto, Alassë.

Alassë amico mio e per gli artisti Tolkieniani in erba, Tolkien scrisse: “Fantasy is escapist, and that is its glory. If a soldier is imprisoned by the enemy, don’t we consider it his duty to escape?. . .If we value the freedom of mind and soul, if we’re partisans of liberty, then it’s our plain duty to escape, and to take as many people with us as we can!”… Le chiavi per liberare il soldato sono nelle vostre mani.

Primavera con la STI: i nostri eventi

Con la stagione primaverile che avanza si consolida anche il programma delle feste e degli eventi pubblici a tema (almeno in parte!) tolkieniano: anche quest’anno siamo decisi a fare la nostra parte, per trascorrere assieme ai nostri amici di tutta l’Italia bei momenti, immersi nelle atmosfere della Terra di Mezzo. Per non perdere il filo, vi proponiamo un riepilogo dei nostri appuntamenti di qui ai prossimi mesi, tra quelli che organizzeremo e quelli a cui prenderemo parte. Contiamo di incontrarvi proprio tutti, perciò prendete nota – ma tenete presente che non è finita con l’elenco che segue, vi saranno altri appuntamenti che confermeremo a breve: mantenetevi sintonizzati!

Aprile

Nessuna descrizione della foto disponibile.Questo mese l’abbiamo iniziato all’insegna di Tolkien e allo stesso modo lo chiuderemo. Assieme agli amici dell’associazione di promozione sociale Eternia, fondatrice della Biblioteca Silmarillion dedicata al mondo fantasy, gaming e videogaming abbiamo partecipato alla giornata conclusiva del progetto Il girotondo delle Biblioteche promosso dal Polo Bibliotecario TA1 di Taranto grazie ai fondi MIBACT. Il progetto ha realizzato 10 eventi in altrettante biblioteche della Provincia di Taranto, proponendo una serie di attività legate insieme dall’utilizzo del gioco, dal tradizionale al digitale, per promuovere il dialogo intergenerazionale tra le giovani generazioni e gli anziani delle diverse comunità e mostrarne l’efficacia come bene culturale utile alla riscoperta degli spazi bibliotecari. Così, il 5 di aprile, ci siamo ritrovati tutti all’aula magna dell’IISS Pacinotti-Fermi di Taranto, a parlare di gioco come fenomeno didattico e culturale con Gilbert Gallo e la prof.ssa Patrizia Capobianco; a confrontarsi sul gioco e le nuove tecnologie della realtà virtuale e della realtà aumentata con don Patrizio Coppola (fondatore dell’Università del’Animazione e del Videogioco), la psicologa Lorena Tinelli e il blogger Daniele Catozzella, di educaredigitale.it; infine,  Gianluca Comastri con i suoi studi sul mondo tolkeniano, in merito ai quali abbiamo consegnato alle biblioteche del Polo TA1 i libri dell’autore assieme ad alcuni giochi da tavolo.

L'immagine può contenere: testoDomenica 28, come dicevamo, per chiudere il mese in bellezza diamo invece appuntamento a La Fiasca, lounge bar situato in un bel contesto verde nel centro a Forlì: assieme all’associazione Tolkien nelle Marche – I Cavalieri del Mark che patrocina assieme a noi assisteremo all’esposizione di Giovanni Carmine Costabile, studioso tolkieniano di ritorno dall’esame dei manoscritti inediti di Tolkien presso le Bodleian Libraries di Oxford, che terrà una disamina dei temi interrelati dell’amore e della bellezza nell’opera tolkieniana desunti dalle sue ricerche a Oxford (poi confluite nel libro Oltre le Mura del Mondo: Immanenza e Trascendenza nell’opera di Tolkien). Introducono la relazione il presidente dei Cavalieri del Mark Giuseppe Scattolini, il delegato della Società Tolkieniana Italiana ed esperto di lingue elfiche Gianluca Comastri e la studiosa tolkieniana Greta Bertani. Ad accompagnare la serata, direttamente dal Conservatoire de la Ville de Luxembourg, l’arpa celtica di Camilla Nangeroni.

Maggio

Il mese prossimo a tener banco sarà ovviamente Tolkien Archive. Il 18 e 19 maggio 2019 la città di Barletta ospiterà nel suo maestoso Castello l’evento Tolkien Archive: Un arazzo dalle filature mitiche e intarsi elfici, traduzionedal titolo suggerito dall’ospite d’onore Catherine McIlwaine, Myth-woven and elf-patterned, già noto dall’edizione inglese. L’evento rappresenta un nuovo modo di concepire gli Studi Tolkieniani in Italia: non si rivolge solo agli studiosi, ma anche a chi vorrà approfondire la conoscenza dell’autore, dell’uomo, dell’accademico e dell’artista Tolkien.
Il punto di partenza è quello che riteniamo essere il maggior patrimonio lasciato da Tolkien: il suo archivio. Cuore centrale dell’evento saranno tre sessioni che permetteranno a studiosi e appassionati italiani di conoscere il suo contenuto, come esso sia giunto alla Bodleian Library e quanto possa ancora raccontarci di Tolkien. A condurre studiosi e appassionati in questo affascinante viaggio sarà proprio Catherine McIlwaine, che da anni si occupa di conservare, studiare e autorizzarne la consultazione dell’archivio di Tolkien a Oxford. L’evento, vedrà oltre le sessioni di studio anche la presentazione dei libri da lei curati e una tavola rotonda sull’importanza delle biblioteche e degli archivi per le ricerche ma anche per la diffusione di storia e cultura, alla quale prenderanno parte studiosi e docenti italiani che dialogheranno con Catherine McIlwaine. A margine, anche un momento ludico con le sessioni di gioco di ruolo su L’Unico Anello.

Nessuna descrizione della foto disponibile.

L’iniziativa  godrà del patrocinio della Città di Barletta e il supporto dell’Archivio di Stato – Sezione di Barletta, della Biblioteca Comunale di Barletta “S. Loffredo”, dell’Associazione del Centro di Studi Normanno-Svevi. A questi si aggiungono la Società Tolkieniana Italiana, l’associazione Tolkien nelle Marche – I Cavalieri del Mark, i partner Eldalie, Tolkien Italia e RicreApulia e il supporto tecnico del Fiof – Fondo Internazionale per la Fotografia e la English School The Gate. Il progetto, che vede questo come suo punto di partenza, ha anche trovato il prezioso supporto e condivisione della Tolkien Society inglese, che proprio nel 2019, ad agosto, celebrerà a Birmingham i suoi primi cinquanta anni con il grande evento Tolkien2019.

Blog dell’evento: https://tolkienarchive.blogspot.com/

Giugno

Per il mese di giugno, che dire se non che finalmente “ripartiremo per una nuova avventura”?

Hobbiton XXV @ Castello Carlo VLa XXV edizione di Hobbiton si svolgerà nei giorni 22 e 23 giugno nel maestoso Castello Carlo V. A due passi dal mare e dal porto, nel cuore del centro storico della città turistica pugliese, sarà la Città di Monopoli a ospitare la nostra grande festa!

Il programma, come di consueto, prevederà un’ampia serie di occasioni di intrattenimento: giochi, bancarelle tematiche, libri, arte, conferenze e presentazioni, mostre, musica dal vivo, gastronomia locale e soprattutto tanto divertimento alla maniera degli hobbit, il tutto in continuità con la calda atmosfera tipica de I Regni del Sud, il nostro filo conduttore delle edizioni dal 2014 a seguire svoltesi in terra di Puglia. Man mano che saranno definiti gli accordi vi presenteremo tutti gli ospiti e le attrazioni che si alterneranno nei due giorni dell’evento: per non perdervi nemmeno un particolare vi raccomandiamo di consultare periodicamente la pagina dedicata.

Tolkieniani Italiani – Intervista a Maurizio Migliori

Cari amici, Cavalieri del Mark e Tolkieniani Italiani,

ci sarebbero molti modi di cominciare questa breve biografia di Maurizio Migliori, che ho avuto il piacere di intervistare per voi. Io l’ho conosciuto ad un passo dal pensionamento, è stato (ed è ancora) uno dei miei professori all’università di Macerata: ho seguito molti suoi corsi e seminari sui testi di Platone e quello che ricordo con maggior piacere e commozione è stato il primo, quello sulla dialettica platonica, che seguii nel mio secondo anno di università.

Quel corso mi ha davvero cambiato molto. Mi ha insegnato a ragionare, a scavare dentro i testi, ad essere curioso e appassionato, ed a fare in modo che sia il desiderio l’asse portante, il traino e il metodo degli studi.

Ricordo ancora, tra l’altro, il giorno in cui il professor Migliori si presentò in aula con le lacrime agli occhi: era il 15 ottobre 2014, giorno della morte di Giovanni Reale. È stato uno di quei giorni in cui poter dire con orgoglio “io c’ero”. Non lo dimenticherò mai.

Giovanni Reale è stato colui che ha portato in Italia il nuovo metodo di Tubinga: la lettura dei dialoghi di Platone non come se fossero ciascuno di essi dei testi a sé stanti, ma come un tutt’uno, come un corpus unitario che trova la sua compiutezza nelle “dottrine non scritte”, quelle dottrine che Platone tante volte annuncia ma che non scrive mai, e di cui abbiamo delle tracce negli scritti dei suoi allievi, come Aristotele. Tramite Reale nacque così la “scuola Tubinga-Milano”, che ha rivoluzionato gli studi in materia.

Al suo ingresso in università, la Cattolica di Milano, il professor Reale ebbe come primo allievo, e primo laureato, Maurizio Migliori. È stato da allora, siamo negli anni caldi del ’68, che è iniziata una delle più proficue collaborazioni tra maestro e allievo che la storia possa ricordare: lo dico perché io, come tante altre persone, sono un po’ uno di quelli che hanno raccolto questa eredità a Macerata. Infatti, il professor Migliori per anni è stato impegnato in politica nelle lotte del ’68, e questo fu il motivo fondamentale per cui non entrò in università immediatamente, ma dovette aspettare 24 anni di insegnamento nelle scuole superiori prima di vincere la cattedra a Macerata, dove era all’epoca mancante un vero e proprio studio di antichistica in filosofia.

Grazie al professor Migliori la tradizione è proseguita anche qui da noi, e la scuola Tubinga-Milano è ancora viva ed è diventata la scuola Tubinga-Milano-Macerata. Ad oggi, il metodo della scuola sta venendo proposto dal professor Migliori e dalla sua allieva, la professoressa Arianna Fermani, in modo nuovo, sotto il nome di “Multifocal Approach”: nell’intervista è lo stesso Migliori a spiegare che cosa sia.

Da parte mia, posso solo dire che è stata una fortuna per me avere Migliori come professore, maestro ed insegnate: una persona viva, vivace, orgogliosa delle sue battaglie politiche nella sinistra (quella vera, direbbe lui) del 1968. Se noi oggi portiamo i jeans lo dobbiamo anche alle persone come Maurizio Migliori, che all’epoca ebbero il coraggio di andare contro i propri genitori anche per queste cose che oggi sembrano delle piccolezze: faccio l’esempio dei jeans proprio perché lui ce lo ha ripetuto un’infinità di volte a lezione, nelle sue “cavalcate selvagge” di esempi biografici per spiegare a noi studenti i dialoghi di Platone.

Nell’insegnamento, Migliori non ha mai fatto “ideologia”, mai: ci ha solo e sempre insegnato Platone, ed attraverso di lui ad essere dei filosofi. Un esempio umano, prima che accademico, che tutti noi dovremmo imparare a seguire. Dati soprattutto i trascorsi politici e ideologici del mondo tolkieniano di cui tutti sappiamo, e che non tutti vorrebbero vedere morti e sepolti.

Giuseppe Scattolini

 


Tolkieniani Italiani – Società Tolkieniana Italiana – Associazione “I Cavalieri del Mark”

Presentano

Trascrizione di Dante “Farmer Maggot” Valletta

dell’intervista orale realizzata da Giuseppe Scattolini

al Professor Maurizio Migliori

Università di Macerata Facoltà di Lettere e Filosofia – Gennaio 2019

 

Anzitutto grazie, professore, per aver concesso questa intervista ai Tolkieniani Italiani, alla Società Tolkieniana Italiana e ai Cavalieri del Mark. La prima domanda che le faccio è questa: lei è un appassionatissimo studioso di Platone; come si coniuga una vita di studi di altissimo livello su uno dei filosofi più grandi dell’Occidente con una passione come la sua? Perché vede, nei Tolkieniani è presente questa spaccatura fra appassionati che fanno fatica a studiare e ad appassionarsi, appunto, agli studi, e studiosi che invece perdono quella sana e genuina gioia della scoperta. Io nella mia esperienza di suo studente ho visto in lei una gioia costante unita ad una profondità unica di lettura; come si fa a tenere insieme questi due livelli, questi due binari che nel mondo Tolkieniano pare corrano parallelamente senza incrociarsi mai e che nonostante ciò sono tanto importanti sia in sé che l’uno per l’altro?

Sai, qui io credo che ci sia un dato della cultura dell’Occidente che ha radici molto lontane, come tu sai, e cioè la spaccatura tra Scienza e Mito, tra Filosofia, tra pensiero razionale e Mito, e cioè il fatto che un problema può essere affrontato razionalmente, come siamo normalmente abituati a fare, e può essere però affrontato anche con racconti; il Mito, il Grande Mito. Voglio dire, non credo di dover dimostrare che, non so, il nostro Leopardi, visto che siamo qui a Macerata, il nostro Leopardi nell’Infinito fa un discorso di una grandissima profondità teorica, su cui si può meditare e riflettere. Certo, il Mito va affrontato in un certo modo, non è la razionalità del ragionamento, delle matematiche, della Filosofia, e via dicendo, e tuttavia non è irrazionale, perché affronta un problema e cerca di inquadrarlo, cerca di presentarlo nella forma migliore. E allora, la separazione invece da noi… Be’, noi originariamente eravamo per il Mito, anche la nostra società è basata su grandi Miti, fin dall’antichità, il mondo Greco era basato su Omero, e poi su Esiodo, il mondo Ebraico, che poi sono confluiti, era basato sui grandi Miti della Bibbia, e via dicendo. Cristo stesso, ogni volta che deve spiegare una cosa, racconta una Parabola, non è che fa altro. Però questa separazione funziona, e allora non possiamo dire che il Mito non c’è nella nostra cultura, però certamente è estremamente secondario. La Scienza è sempre più, tra virgolette, “arida”, senza anima; non vi è nessun dubbio credo, da parte nostra, che quando il Racconto affronta un problema c’è una bellezza, se il mito è un Grande Mito, come solitamente è, che non è paragonabile alla bellezza del ragionamento. Il ragionamento è bello: un’equazione può essere bella, una partita a scacchi può essere bella, e tuttavia la bellezza del racconto è un tipo di bellezza diversa. La realtà non è mai semplice, ci sono bellezze e bellezze; la bellezza di un ragionamento nella sua perfezione, nella sua concatenazione; di una equazione quando un matematico, io non sono un matematico, dice “guarda che bella equazione!”, io capisco quello che lui prova, anche se io non provo assolutamente niente davanti a quella equazione; ma ricordo quando giocavo benino a scacchi che c’erano certi momenti in cui ci fermavamo dicendo: “Guarda che situazione bellissima!”. Ed è una bellezza reale, non è inventata, chi ha gli occhi giusti la vede, no? Quindi ci sono questi elementi, noi ci siamo un po’ inariditi, e di conseguenza il Mito stesso si impoverisce. La grande poesia di Leopardi richiede capacità razionali in modo da cogliere quella ricchezza, se no non la vedi, se no il Mito rimane senza luce, non riesce a fare quell’operazione di scaldarci il cuore, se possiamo andare sul poetico, che invece è proprio tipico del Mito. Allora, da questo punto di vista Platone, come tu sai benissimo, modula continuamente queste due cose. Non solo perché mette sempre in scena, come dire, un episodio, una “fiction”, a volte anche molto drammatica, compresa la morte di Socrate, una pagina immortale della nostra letteratura, una delle pagine senza le quali l’occidente non è occidente; la morte di Cristo e la morte di Socrate sono le due grandi morti che segnano tutta la nostra civiltà. Quindi Platone ha questa ricchezza, noi ci avviciniamo alla verità ragionando e ci avviciniamo alla verità mitologizzando. Bisogna usare entrambi gli strumenti. Tanto più il discorso poi è astratto… i valori.. e tanto più il Mito serve. E questo in Tolkien si vede benissimo. Il racconto di Tolkien è pieno, di valori. Io, a differenza di voi, non ho dedicato tutto il tempo che sicuramente voi avete dedicato e continuate a dedicare [a Tolkien], ma pensa a come è forte in Tolkien, secondo me, poi se sbaglio correggimi pure, il senso del limite, che è un grande concetto in Platone; che è il fatto che possiamo essere umani, o comunque di altre “razze”, ma sempre limitati, con certi condizionamenti. Quindi, come dire, i Nani hanno i loro, gli Elfi hanno i loro, gli Umani hanno i loro; e tuttavia l’intreccio tra questi dà luogo a una Compagnia che alla fine raggiunge una cosa che, obiettivamente, a metà del racconto sembra proprio che non ce la faranno. Quindi vedi che, come dire, il collegamento non è poi difficilissimo. Però bisogna avere un’apertura alla ricchezza di esperienze che la nostra vita e la cultura in cui viviamo ci mette a disposizione. Certo che se uno pensa solo a far matematica, e uno pensa solo a divertirsi nel Mito, fa male il Mito, e quello fa una matematica che, io spero che lo renda felice, ma ho qualche dubbio, insomma.

Lei professor Migliori è uno dei lettori di Tolkien della prima ora, domanda da collezionista: ricorda per caso se fosse la primissima edizione Rusconi quella che lei ha letto de Il Signore degli Anelli, quella con la copertina bianca e nera del 1970? Volevo anche chiederle: in merito alla sua lettura di Tolkien di anni fa, quali furono le sue impressioni sul testo in relazione a quegli anni caldi della politica italiana in cui lei fu impegnato in prima persona? Rispetto a ciò che ha vissuto e visto con i suoi occhi, come era recepito Tolkien negli anni ‘70 del secolo scorso?

Allora qui c’è proprio, sai, una delle storielline carine che posso raccontarti. Ovviamente non mi ricordo se fosse l’edizione del ‘70, io ce l’ho ancora, se fossimo a casa mia andrei a controllare, ma direi di no, non credo fosse quella; credo di averla comprata diciamo nel 1980, quindi dubito che sia quella. Era il “volumone” della Rusconi, anzi adesso dovrei comprarne un altro perché è veramente un po’ consunto, perché l’ho letto io, l’ha letto mia moglie, l’hanno letto i miei figli, quindi a forza di rileggerlo, un libro grosso in quel modo, ha i segni dell’amore con cui è stato accompagnato. No, il punto che a me interessa raccontarti è che, sai, anche quando ho insegnato, io ho insegnato per vent’anni alle superiori, ma tu mi conosci, io sono una macchinetta, continuo a inventar cose, e anche in quegli anni, che erano poi anni molto particolari, gli anni 70-80 sono stati anni di barricate, di continue invenzioni di cose, sperimentazioni, e via dicendo; e quindi la sezione F del mio Istituto, che era la mia sezione, del mio Istituto; e tutta Como sapeva che voleva dire questo, organizzavamo continuamente cose. E una delle cose che abbiamo organizzato, con un giovanissimo mio amico, che sarebbe poi diventato Professore Universitario proprio nel settore della Comunicazione, Fausto Colombo, che insegna in [Università] Cattolica; e gli ho detto: “Vieni a fare una serie di incontri” e via dicendo, anche perché Fausto era, ed è, un tipo brillantissimo, molto vivace, quindi figurati, in un Istituto Magistrale… e lui ha fatto una serie di lezioni bellissime, molto utili alle ragazze, ma anche utili a me, e durante una di queste lezioni, me lo ricordo benissimo, ha citato Tolkien, e si è rivolto alle ragazze dicendo: “Ma l’avete letto, no? Non l’avete letto? Ma che cosa avete fatto!? È un libro bellissimo! Che va letto!” Nota che non aveva ragioni ideologiche eh, non è certamente un uomo di destra, anche se gli anni erano quelli, e Tolkien aveva quella forte caratterizzazione ideologica, ma Fausto, come il sottoscritto, non si lascia condizionare dal timbro che ci mette sopra altra gente, eventualmente vado a leggere, e vedo se il timbro è meritato o no. E io sono rimasto folgorato da questa affermazione di una persona che io stimavo tanto. Ha detto: “È un libro bellissimo! Che dovete leggere assolutamente!” Lui si rivolgeva alle ragazze, ma io poi ci metto per me, quindi quanto prima mi sono comprato i libri, e pensa che sono partito da Lo Hobbit, neanche dal “grande” Tolkien; e comunque anche, per chi non ha letto il Signore degli Anelli, già Lo Hobbit è un bel libro, obiettivamente, cioè se uno parte prima dal Signore degli Anelli, secondo me, non lo so, si può discutere, potrebbe avere qualche piccola delusione. Quindi, letto Lo Hobbit, poi subito dopo mi sono letto Il Signore Degli Anelli, senza lasciarmi certo condizionare da quello che in quegli anni si faceva, i campi Hobbit e via dicendo. Anche perché sinceramente io, lui poi era cattolico, sicuramente un moderato, elementi di cultura di destra non ne ho visti proprio. Ma credo che non fosse questo che gli interessasse, anzi, ci scommetto proprio; voi lo sapete meglio di me, che conoscete Tolkien per tanti aspetti della sua vita, delle sue scelte. A me non mi sembra che sia un libro, come dire, ideologicamente impegnato. Un libro valorialmente impegnato, culturalmente impegnato, quello sì. Ma i valori non sono proprietà di qualcheduno, che se le mette in tasca e dice sono miei.

Grazie alla biografia di Tolkien e agli studi in merito, sappiamo quanto lui, ricordato oggi dai Tolkieniani come “il Professore”, tenesse ai suoi studenti. Era un vero e proprio Maestro per loro, e forse se avesse dedicato loro meno tempo, avrebbe scritto di più e avrebbe fatto più studi. Tuttavia non possiamo nemmeno dire che il tempo passato con gli studenti sia tempo perso: lei che nella vita ha avuto un grande Maestro, oltre che suo professore, come Giovanni Reale, cosa può dirci riguardo al rapporto che si instaura in ambito accademico tra un Professore e il suo studente, il Maestro e l’allievo, quanto è importante il tempo che si dedica a questa che potremmo definire istruzione orale, le cui uniche tracce scritte sono quelle lasciate nell’anima? Questo tra l’altro è certamente un lato dell’insegnamento che Platone stesso valorizzava tantissimo; cosa può dirci in merito rispetto, dunque, tanto ai suoi studi quanto alla sua esperienza diretta, tanto di studente e allievo che di professore e Maestro, studioso tra l’altro di un grande come Platone?

Qui il riferimento a Platone è interessante, perché Platone, come tu hai ricordato, ritiene che il vero insegnamento è quello che si fa guardandosi negli occhi, parlandosi, ricercando insieme, e via dicendo. E tuttavia Platone Per i suoi tempi ha scritto un sacco di roba; cioè rispetto al momento storico in cui lui ha scritto, lui ha scritto un’enciclopedia, perché i testi erano tutti brevi, anche per ragioni economiche; e lui ha scritto veramente tantissimo, basta prendere ad esempio, dato che ce li abbiamo, I Dialoghi; o un libro di dieci libri come La Repubblica, o uno in dodici come Le Leggi, e poi un sacco di Dialoghi anche molto lunghi, e poi un sacco di Dialoghi brevi; allora: perché? Per il motivo per cui ha scritto Tolkien, secondo me. Perché lì il problema non è del tempo, il problema è dello sguardo, il Maestro è colui che guarda e che fa le cose sempre pensando ai suoi allievi. Non pensa al suo successo… ma oddio poi sai, ci sono le debolezze umane, però come dire l’asse, il binario su cui è situato è: “Questa cosa allora è utile, questa cosa magari li fa pensare, li fa scoprire, li fa sentire” questa cosa, più del tempo, è importante, perché tu ti poni in un’ottica di servizio, un’ottica in cui quello che conta è, sì, certo, anche il tempo, perché se non c’è tempo questa operazione… cioè non so quanto tempo ci ha messo a scrivere tutti quei libri il buon Tolkien, ma certo ci ha dedicato tanta fatica, tanto tempo, per gli altri; e devo dire è anche riuscito. Allora, in questo senso, io credo che tutte le letture ideologiche sono proprio sbagliate, perché si mettono su un asse completamente diverso. Io lavoro per te, allora andiamo a vedere che cosa, che tipo di lavoro mi proponi, qual è la speranza che uno scrittore, un Maestro, ha nei riguardi dell’effetto che determina nel lettore o nello studente: se uno vuol convincere di una sua tesi, politica, ideologica, il lettore, non può dire che sta lavorando per lui. Sta lavorando per quella idea, cosa legittima magari, non discuto, ma non sta lavorando per il ragazzo, per il giovane, per il lettore. Lavorare per il lettore vuol dire: “Qualunque sia la cosa che tu pensi, o che tu penserai (a meno che tu non sia proprio… come dire, l’incarnazione del male, adesso non voglio citare le cose precise ma, proprio spregevole e indegno del rispetto, proprio: il male), a me va bene quello che tu pensi. Poi magari se non siamo d’accordo litighiamo, certe volte il litigio fa anche bene alla circolazione sanguigna, no? A me interessa che tu abbia la percezione di certe cose. Dicevo prima del senso del limite: che lo veda, nel racconto, nella debolezza, anche dell’eroe più fulgido, no? Chi è l’eroe, in quel racconto? Tu che sei un Tolkieniano di ferro, vedi che è una domanda da far tremare le vene ai polsi! Perché alla fine nessuno è l’eroe, e un po’ tutti sono eroi alla misura umana. Ognuno, alla sua misura, riesce a realizzare qualcosa. Allora, tu pensa appunto al dibattito su cui io ho sorvolato, ma che quando ero negli anni ottanta era invece sugli scudi: allora, da una parte la sinistra che temeva l’irrazionalismo, questa era la paura: “Eh no, bisogna affrontare le tematiche secondo una logica in cui la situazione economica, la situazione politica, la lotta di classe…” cioè una serie di cose, non ho niente da dire su questa faccenda, ma perché ogni posizione che non sia ancorata a questo modo di ragionare, e che sia evocativa, che sia poetica, deve essere subito abbandonata perché irrazionalista? Chi l’ha detto? La poesia deve essere razionale? No, Dio ci liberi! No? Deve essere profonda, intelligente, evocativa. Deve suscitare grandi sentimenti; non so se possiamo dire se Shakespeare è razionale, non capisco che c’entri. Invece l’altra parte, la destra, andava verso la mistica, quindi prendeva dei valori, quelli sì, temo, irrazionali, e li faceva diventare il testo; e a me non sembra che il testo dia questo. Come al solito, come dicevo fin dall’inizio, c’è questa separazione, che non ha molta ragione d’essere, non ha molta ragione di essere applicata a un’opera così bella come il Signore degli Anelli, rovinando poi tutto, alla fine.

Per ultimo vorrei farle una domanda sul “multifocal approach” che lei in primis e l’intero settore di antichistica degli studi storici in Filosofia dell’Università di Macerata state portando avanti e proponendo al mondo accademico nazionale ed internazionale. Tolkien si studia e si capisce solo mettendo insieme un gruppo di persone molto preparate in ambiti diversi, dalla traduzione alla filologia, dalla linguistica alla filosofia, fino agli studi storici, biografici e teologici. Secondo lei, il metodo del multifocal approach può essere utile anche negli studi Tolkieniani? Può spiegarci in poche parole e nei limiti del possibile in che cosa esso consiste? Ed infine, proporre un nuovo paradigma alla comunità scientifica è certamente cosa ardua; cosa consiglia ai Tolkieniani che desiderano vedere Tolkien studiato all’Università? Lei appoggerebbe ad esempio una domanda di Dottorato in cui Tolkien sia compreso?

Perché no? Io ho discusso una Tesi, mi ricordo, sull’uso in guerra, guerra contemporanea, cioè di oggi, delle forze corazzate rispetto alle altre forze. Siccome nessuno se la sentiva di fare il correlatore, io che mi sono occupato, siccome sono pazzo, anche di queste cose, ho fatto un dibattito interessantissimo, c’erano tutti i colleghi con gli occhi fuori dalle orbite; quindi, affrontato con la dovuta… ecco, però mi raccomando eh? Poi entriamo nel merito della tua domanda, senza paludare troppo il nostro Tolkien. Un ragazzo di liceo, quindi un po’ cresciutello, che si legge Tolkien e ne rimane incantato, a me va benissimo. Poi c’è una lettura che può fare un “intellettuale” messo tra virgolette, penso, come termine, serio. Poi c’è una lettura che può fare uno studioso di Tolkien, ad un altro livello. Vedi: il multifocal già comincia a vedersi. Bisogna dire che la lettura del ragazzo non è vera? Che l’esperienza che ha fatto, che magari gli ha fatto scoprire una serie di valori, non è importante? Gandalf! Quanto fa scoprire Gandalf? Secondo me è un personaggio meraviglioso. Io purtroppo non ho mai potuto approfondire tematicamente, uno deve decidere che vita fare, e quindi dedicandomi a Platone, dedicandomi a tante altre cose, ho fatto l’esperienza del lettore di Tolkien, ma non approfondita come certamente meritava. Ma appunto allora che cos’è il multifocal approach? Multifocal approach vuol dire che noi dobbiamo prendere atto che anche la realtà più semplice come questa penna che tengo in mano, in realtà è estremamente complessa. È complessa in sé stessa: è fatta di tanti pezzi, ha una funzione. Questa penna qua viaggia nel tempo: la porto nell’antico Egitto, gliela regalo. E questi possono valutare: che bel colore, che bella situazione, fa anche un rumore; tic e tac, guarda che carino! Punto. Perché non c’è la carta, e non credo che sulla pelle di montone o sul papiro questa punta rotolante produca grande effetto, dubito. Capisci cosa voglio dire? Cioè anche una cosa ridicola come una penna, dentro ha un sistema di relazioni complicatissimo, quindi può essere vista come oggetto estetico, come una di quelle penne d’oro, con l’inchiostro, che si regalano magari il giorno che si va in pensione, no magari alla laurea di uno in Legge, che magari vuol fare il notaio; ecco, capisci? Può avere un valore estetico, può avere un valore di ricordo: la penna d’oro di mio padre è lì nel mio cassetto, e lì sta. Certo non la uso, perché chi usa più le penne di quel tempo? Però è lì, perché ha un valore di un certo tipo. E poi vi è un valore di uso… cioè, è chiaro? Le cose hanno questa complessità interna ed esterna, e solo approcciandole dai vari punti di vista noi possiamo dire di avvicinarci all’oggetto, perché tanto l’oggetto nella sua perfezione non lo avremmo mai, perché tutto ha tante facce, e noi vediamo sempre una faccia e non le altre. Può essere utile affrontare Tolkien in questo modo? Ma io mi chiedo com’è possibile non affrontarlo in questo modo!? La Compagnia dell’Anello: più multifocale di quello! Non so se ci sono studi del genere, ma se tu avessi qualcuno che vuol fare uno studio io gli direi: le varie anime della Compagnia dell’Anello! Perché certamente come la vive Aragorn, e come la vive Gandalf, e come la vive Frodo, e come la vive il nano, eccetera, non è la stessa cosa, perché ognuno di loro rappresenta una cultura diversa, ha delle aspettative diverse e delle aspettative comuni; il gioco è sempre simile e dissimile, identico e diverso, E allora sarebbe interessante vedere in che misura Tolkien stesso è riuscito a darci questa calibrazione. Essendo un artista magari c’è riuscito, non lo so, io non ho, non ho mai fatto… Uno dei miei sogni era andare in pensione, cosa che ufficialmente è successo tre anni fa, ma tu sai che continuo a lavorare come prima, quindi…  Se alla fine mi fermerò e verrò a Macerata una volta ogni tanto, be’, Il Signore degli Anelli è sicuramente uno dei libri che devo rileggere, è nell’elenco di quelli che (spero di campare molto a lungo per poterli rileggere) spero proprio di poterlo rileggere insieme a tanti altri libri che vorrei rileggere, e magari farò attenzione a questa cosa, ma voi che siete così tanto impegnati nell’approfondire, non so se qualcuno ci ha pensato a una cosa del genere, ma mi sembra non priva di interesse, perché in fin dei conti il viaggio è unico, il problema è unico, perché il problema è il Male che arriva e che quindi va affrontato con il massimo di unità possibile, con tutte le tensioni e le rotture che continuamente avvengono, le cadute, i tradimenti… Tradimenti è un po’ “pesante” però ci si arriva certe volte proprio vicino vicino, no? E però uno è Nano, quell’altro è Elfo, e non si trovano simpatici d’emblée, no, immediatamente; quell’altro è Umano, e quindi come dire c’è quello di una città, quello di un’altra città, e quindi se tu questo gioco polivalente, che sarebbe bello ricostruire e vedere in che misura ha peso nella vicenda, considerando che poi è questo che spiega l’imprevedibilità, fino al tradimento da parte di quello che avrebbe dovuto essere il capo dei Maghi, degli Stregoni, non so qual è il termine più giusto, e che invece a un certo punto subisce anche lui il fascino del male, perché appunto siamo sempre in relazione, bene e male ci sono tutti e due, ed ogni volta noi siamo lì che tiriamo. E quello che fino a quel punto sembrava l’elemento forte di cui Gandalf si fidava, è quello che rischia di aiutare, di determinare la vittoria del peggior nemico, che poi uno ci pensa un attimo e dice: “evidentemente ha perso il lume della ragione”, perché col Male non si può fare un patto, perché se il male è male, non rispetterà il patto; o lo rispetterà solo fino a quando, se, come, gli pare a lui. Perché non gli puoi dire: “ma tu adesso mi stai tradendo”, il male ti guarda e ti dice: “Tradendo? Non capisco la parola, non è nel mio vocabolario”. Sarebbe interessante secondo me questo approccio, vedere in che misura Tolkien stesso ha giocato sui vari tavoli. Ci vuole uno studioso che gli dedichi il tuo tempo. Può essere una bella tesi di laurea, sicuramente.

Grazie Professore, grazie mille.

Va bene, spero, non so se ti sembra interessante è quello che abbiamo detto…

Interessantissimo, veramente. Una delle più belle interviste che abbiamo mai fatto.

Allora… no, no, a me basta che… perché la cosa a cui io tengo sempre è che uno non esca dicendo: “Ma tu guarda quanto tempo perso” allora non ne è valsa la pena, allora è un peccato. Se invece sei contento, basta, siamo contenti tutti.

Il Signore degli Anelli nei miti europei

Un’occasione per presentare l’opera di Tolkien ai ragazzi delle scuole è una preziosa gemma da cogliere al volo… e noi non ci siamo fatti scappare l’opportunità!

Grazie al generoso supporto del Comune di Manerba del Garda, in collaborazione con l’Unione dei Comuni della Valtenesi, il Sistema Bibliotecario del nord-est Bresciano e l’oratorio “Mano nel Verde” ha preso vita un ciclo di proiezioni mirate che domani vede il suo culmine nella conferenza conclusiva, alla quale presenzierà il nostro presidente onorario Paolo Paron con il compito di tirare le fila della lunga esperienza in compagnia delle trame di Tolkien: l’atto finale (di questo percorso introduttivo, ma per ricorrere al celebre motto di Eldalië “il viaggio prosegue”) dimostrerà le intime connessioni tra gli spunti offerti da Il Signore degli Anelli e la fonte di riferimento per eccellenza dell’opera, i miti del continente europeo.

L’iniziativa è pensata e realizzata su misura per i giovani della zona, ma ovviamente il “messaggio” è rivolto a tutti gli appassionati di questi temi.

Ne abbiamo parlato con Noemi Avigo, che ricopre il ruolo di Assessore alla Cultura proprio a Manerba ed è stata la fautrice di questo evento: «Il 3 gennaio del 1892 nasceva J.R.R. Tolkien, grazie al cui genio il genere fantasy è oggi il più venduto e il più letto di tutte le forme letterarie. La trama de Il Signore degli Anelli è decisamente nota, anche grazie al successo dei film di Jackson. Per i più appassionati abbiamo quindi organizzato la rassegna dei tre film del 2002-2004 più Lo Hobbit, riscuotendo un discreto successo e partecipazione».

Il motivo per cui l’opera prima tolkieniana è stata riconosciuta quale filo conduttore di un discorso culturale pubblico è evidente: «Il Signore degli Anelli è il racconto di un viaggio; un viaggio che i personaggi compiranno non solo sulle strade della Terra di mezzo, ma anche in loro stessi. È una storia di un sacrificio, della lotta tra il bene e il male che si svolge soprattutto nell’animo dei protagonisti». Occasione ghiotta, dunque, per proporre una riflessione collettiva ai ragazzi di Manerba.

Se è un vero onore per noi offrire il nostro umile contributo a una causa del genere, «per noi vale altrettanto la collaborazione con la Società Tolkieniana Italiana, poiché si pone come obiettivo l’approfondimento e la divulgazione degli studi su J.R.R. Tolkien, sulla sua opera e sul suo pensiero, ma anche il recupero e la riscoperta delle radici profonde della cultura europea, dai grandi miti del passato ai racconti della tradizione folklorica. Domani il prof. Paolo Paron ci parlerà proprio della grandezza di quest’opera e del suo collegamento con la mitologia: lo ringrazio da parte dell’intera amministrazione comunale per la disponibilità e la cortesia».

Quale risultato vi attendete? «La volontà è quella di far emergere i temi più significativi contenuti ne Il Signore degli Anelli e più in generale nelle opere di J. R. R. Tolkien, mostrare come affronta e inserisce nei racconti le esperienze famigliari, di condivisione, di viaggio, di sacrificio e di amicizia dei vari personaggi partendo da un iniziale excursus proprio sulla figura dell’autore».

Ancora complimenti e un ringraziamento sentito al comune di Manerba del Garda per aver costruito questi bei momenti!

 

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Il Tolkien Archive presentato da Oronzo Cilli

Oronzo Cilli è un volto ormai noto da lungo tempo nei nostri ambienti. Tuttavia, a beneficio di chi si affaccia solo da poco alle attività STI, ricordiamo volentieri che si tratta di un collezionista di lungo corso di rarità tolkieniane (vanta una collezione ricca di pezzi unici e pregiati) nonché studioso che gode di fama internazionale in qualità di esperto della biografia del Professore. Ma si distingue anche per essere stato il curatore italiano della seconda edizione de Lo Hobbit annotato (Bompiani 2004) ed è ormai noto nel panorama internazionale degli studi tolkieniani grazie ai suoi lavori di ricerca e alle sue pubblicazioni: al titolo di esordio di questa sua personale collana, J.R.R. Tolkien l’esperantista. Prima dell’arrivo di Bilbo Baggins (Cafagma 2015), tradotto anche in inglese nel 2016, si affiancò l’anno successivo Tolkien e l’Italia (Il Cerchio 2016) ed è attesa con trepidazione la prossima uscita di Tolkien’s Library: An Annotated Checklist (Luna Press 2019). Lavori, in particolare quest’ultimo, che lo hanno visto collaborare con importanti studiosi tolkieniani italiani e americani quali John Garth, Patrick Wynne e Arden Smith ma anche Christina Scull e Wayne G. Hammond e da ultimo, il grande Tom Shippey.

Oronzo è ovviamente anche un amico e un ottimo organizzatore di eventi tolkieniani: ci sarà ancora chi ricorda il Tolkien’s Fifty Years, l’evento promosso dalla Società Tolkieniana Italiana con il patrocinio della Tolkien Society che, nel 2004, celebrò a Bruxelles, per una settimana, i primi 50 anni della pubblicazione della Compagnia dell’Anello e de Le due torri . In quell’occasione si tenne una conferenza al Parlamento Europeo, alla quale presero parte tra gli altri il cantautore Angelo Branduardi, che parlò della musica in Tolkien, Giuseppe Festa, Christopher Garbowski e Brian Rosebury. Da citare anche il supporto nell’organizzazione della XXI Hobbiton del 2014 e l’ideazione e realizzazione dell’Hobbit Village l’anno successivo, ai quali parteciparono, grazie all’aiuto di Davide Martini, artisti del calibro di Piero Crida, il più grande illustratore italiano di Tolkien, Cor Blok, Linda Garland e il compianto Roger Garland. Questi due ultimi eventi furono organizzati a Barletta, all’interno del maestoso Castello: proprio tra quelle mura, il prossimo 18 e 19 maggio, il nostro amico Oronzo organizzerà un evento unico nel suo genere, il Tolkien Archive “Un arazzo dalle filature mitiche con intarsi elfici”. Gli abbiamo posto alcune domande per farci raccontare ogni dettaglio disponibile a oggi, di quella che si preannuncia come un’esperienza di elevatissimo taglio come molto di rado se ne sono viste nel nostro paese


Come nasce l’idea dell’evento Tolkien Archive?

L’idea nasce nel giugno scorso e diventa realtà qualche mese più tardi. Da giugno a ottobre dello scorso anno a Oxford, come molti sapranno, la Bodleian Library allestì la mostra Tolkien: Maker of Middle-earth, quella che, a giusta ragione, è stata considerata la più importante esposizione dedicata alla vita e alle opere di Tolkien. Una mostra straordinaria che ha permesso a tutti noi di ammirare da vicino i disegni di Tolkien ma anche suoi oggetti personali, le lettere ricevute da ammiratori e amici e soprattutto i manoscritti originali e le mappe che hanno sviluppato il suo Legendarium. Converrete che si trattava di un’occasione unica e, frequentando Oxford dal 2002, non potevo non coglierla, anche se questa volta avevo un motivo in più per andarci poiché, per uno studio che ancora oggi sto portando avanti, ottenni il permesso di poter studiare, per l’intero mese di giugno, assieme agli amici e studiosi Giovanni C. Costabile e Giuseppe Scattolini alcuni manoscritti di Tolkien conservati presso la Weston Library. Ed è in quel luogo che mi sono chiesto come poter dare concretezza a una mia mai sopita idea e condividere con altri amici studiosi italiani, quella straordinaria esperienza. Di certo non potevo portare tutti alla Bodleian Library, ma potevo “portare” la Bodleian Library in Italia. E così, appena tornato in Italia, ho deciso di scrivere a Catherine McIlwaine parlarle di un progetto su cui lavoro ormai da qualche tempo e per invitarla in Puglia. Catherine ha accettato con molto piacere e condiviso la mia idea e così è nato l’evento Tolkien Archive di Barletta.

Perché Catherine McIlwaine e cosa lei rappresenta nel campo degli studi tolkieniani?

Catherine McIlwaine è, dal 2003, la Tolkien Archivist presso la Bodleian Library, in pratica la persona cui ci si rivolge per ottenere il permesso di studiare i manoscritti conservati a Oxford e messi a disposizione degli studiosi. È bene spiegare che l’archivio di Tolkien a Oxford ha una larga sezione di documentazione accessibile a tutti quegli studiosi che ottengono il permesso di poterla visionare da Catherine, per l’appunto, e una parte non ancora accessibile se non con l’autorizzazione della Tolkien Estate. Nel campo degli studi tolkieniani Catherine rappresenta il più importante custode di quello che è il patrimonio documentale conservato a Oxford. Lei ha, infatti, il compito di conservare e autorizzare l’accesso a tutto il materiale disponibile oltre, ovviamente, a studiarlo visto il suo ruolo fondamentale di supporto agli studiosi. Inoltre, ricoprendo questo importante e prestigioso ruolo, ha curato la mostra Tolkien: Maker of Middle-earth, cui prima accennavo.

 

Cosa sarà il Tolkien Archive e come lo hai strutturato?

Tolkien Archive sarà più di un semplice evento, ma un punto di partenza per chi ha iniziato o sta per intraprendere la strada degli studi tolkieniani perché al centro ci saranno lo studio e l’approfondimento. Cuore dell’evento, infatti, saranno le sessioni di studio che avrò l’onore di coordinare e che si terranno sabato 18 maggio, dalle 10 alle 13 e dalle 14 alle 17, e domenica 19 maggio dalle 10 alle 13. Le sessioni vedranno protagonista Catherine McIlwaine, con interventi di altri ospiti accademici, che dialogherà con i partecipanti (numero max 25), su tre temi: The Bodleian Libraries: A Touchstone of Universal Culture, una panoramica sulle Bodleian Libraries dell’Università di Oxford, una delle più antiche biblioteche pubbliche al mondo, la sua storia, le modalità di ammissione, i tesori che conserva, l’importanza che riveste nel sistema bibliotecario inglese e nel mondo e il rapporto con Tolkien durante la sua vita da studente prima, e docente poi, e dopo la sua scomparsa; The Tolkien Archive, durante la quale si discuterà dell’importante patrimonio conservato nella Bodleian Library fatta di lettere, manoscritti, appunti, fotografie, note, disegni, acquerelli, libri appartenuti a J.R.R Tolkien, di come e quando è stato raccolto, cosa oggi è possibile consultare e con quali modalità. E infine Tolkien Archivist, il grande archivio di Tolkien e il lavoro compiuto da Catherine McIlwaine, il rapporto con la famiglia Tolkien, l’organizzazione della grande mostra a Oxford, la sua preparazione e quello che ha rappresentato per gli studiosi e appassionati di Tolkien. Ad arricchire il programma, nella serata di sabato 18, la presentazione del catalogo dell’omonima mostra di Oxford, Tolkien: Maker of Middle-earth, curato da Catherine e una tavola rotonda dal titolo Sailing on Noah’s Archive, cui parteciperà assieme ad altri ospiti, sull’importanza del patrimonio archivistico e bibliotecario in Italia e in Inghilterra. A completare l’evento, le sessioni di gioco di gioco di ruolo, L’Unico Anello, a cura dell’Associazione RicreApulia.

Il sottotitolo dell’evento è Un arazzo dalle filature mitiche con intarsi elfici. A chi è venuta l’idea?

Quel sottotitolo, nella forma inglese, è stato suggerito dalla stessa Catherine durante uno scambio di mail su come impostare i due giorni. Il suo suggerimento è stato Myth-Woven and Elf-Patterned, che mi è subito piaciuta moltissimo così come la traduzione che ne ha fatta Giovanni C. Costabile con, per l’appunto, Un arazzo dalle filature mitiche con intarsi elfici. Un titolo molto evocativo che mi porta a immaginare a qualcosa d’indescrivibilmente meraviglioso. Lo stesso Giovanni ha poi suggerito anche il titolo della conferenza Sailing on Noah’s Archive.

Il convegno si avvale di diverse partnership qualificate, tra cui spicca il nome della Tolkien Society inglese – ma non solo.

Ho da subito pensato di coinvolgere altre realtà per far sì che il Tolkien Archive potesse arricchirsi di contenuti e qualità. È bene ricordare che l’evento si tiene nella meravigliosa location del Castello di Barletta e questo grazie al Comune di Barletta e dell’Assessorato alla Cultura che patrocinano l’evento. Ricordo, oltre la già citata Associazione RicreApulia, la Biblioteca comunale “Sabino Loffredo”, la sezione di Barletta dell’Archivio di Stato e l’Associazione del Centro Studi Normanno-Svevi. A loro si unisce la Società Tolkieniana Italiana e soprattutto, come rilevavi, la Tolkien Society inglese. Quest’ultima mi ha confermato il supporto all’iniziativa e permesso di utilizzare il logo del grande e atteso evento Tolkien 2019 che, dal 7 all’11 agosto, celebrerà a Birmingham i primi 50 anni della fondazione della più importante società tolkieniana al mondo. Infine, quali partner speciali il Fiof – Fondo Internazionale per la Fotografia, The Gate – English School di Barletta, l’associazione Tolkien nelle Marche – i Cavalieri del Mark e il network rappresentato per l’occasione da Tolkien Italia e Eldalië che garantiranno copertura mediatica, notizie e diffusione di materiali informativi. Cosa si poteva chiedere di meglio?

All’inizio di questa intervista hai parlato di punto di partenza e ancor prima di un progetto cui sta lavorando: ora devi dirci di più, per soddisfare la curiosità dei nostri lettori (ma prima ancora la nostra)!

Come molti sapranno, prima che studioso coltivo la grande passione per il collezionismo tolkieniano, in particolare quello librario. Una passione che è cresciuta negli anni e che mi ha portato a raccogliere anche documenti e libri firmati non solo di Tolkien e dei suoi figli, ma anche di amici, colleghi e suoi ex studenti. Oggi la mia collezione vanta circa 6000 volumi, opere di e su Tolkien nelle più disparate traduzioni, ma anche i testi accademici che Tolkien studiava durante gli anni dell’Exeter oppure utilizzava quando ricopriva il ruolo di professore a Leeds e a Oxford. A questi si aggiungono un centinaio di lettere e documenti di membri della famiglia Tolkien ma anche di colleghi dell’università. Ora, questo patrimonio librario e documentale vorrei che non fosse più solo consultato e utilizzato dal sottoscritto, ma vorrei che fosse messo a disposizione anche di altri studiosi italiani e stranieri attraverso un centro studi degno di questo nome che a oggi, così come lo intendo, ancora non esiste.  Avevo scritto di questa mia idea anche a Priscilla Tolkien, figlia del professore con la quale mantengo una corrispondenza dal 2004, e lei è stata gentilissima a inviarmi, affinché lo conservassi io, un libro che suo padre le aveva regalato e sul quale le aveva scritto il suo nome. Quel libro, assieme ad altri firmati da Tolkien, è entrato di diritto in questo mio progetto perché ritengo debba essere condiviso con chi dedica tempo, passione e studi a Tolkien. Quell’idea è diventata un progetto ed è ormai sulla strada giusta per diventare realtà giacché, senza svelare troppo, ha trovato l’interesse di un’importante istituzione nazionale disponibile a realizzarlo e in un luogo davvero tolkieniano. Vedremo come, in che tempi e chi, degli appassionati e studiosi, coinvolgere. Certamente sarà al centro della mia attività dei prossimi mesi e uno degli argomenti che affronterò con Catherine McIlwaine durante il Tolkien Archive e con gli altri amici studiosi, con i quali ho già iniziato un percorso, che avrò modo di incontrare a Birmingham il prossimo agosto.

A proposito, in concomitanza con l’apertura del Tolkien 2019 di Birmingham uscirà, per la scozzese Luna Press, il tuo Tolkien’s Library: An Annotated Checklist, che vede la prefazione del grande Tom Shippey e la copertina disegnata dal meraviglioso artista Jay Johnstone. Cosa puoi dirci in anteprima?

Questo mio ultimo libro, che uscirà per ora solo in lingua inglese, anche se non ha ancora visto la luce mi ha già regalato delle grandissime emozioni e soddisfazioni. Come hai detto già, la prefazione è firmata da Tom Shippey, che non smetterò mai di ringraziare per le parole che ha utilizzato, e la copertina è stata disegnata da Jay Johnstone, un grande artista che non ha bisogno di presentazioni. Ho visto in anteprima la copertina che ha realizzato e posso dirvi che è letteralmente straordinaria e riassume in una sola immagine, tutta l’anima del mio libro. Posso dirvi che è stata per me una gioia e un onore sapere dal mio editore, la scozzese Luna Press guidata dall’instancabile Francesca Barbini, che il libro sarebbe stato disponibile il primo giorno di apertura del Tolkien 2019 e che lo presenterò assieme a Tom Shippey durante l’evento. Il libro è ormai completato e a breve sarà messo in pre-ordine, ma posso dirvi che è stato un lavoro difficile e impegnativo, ma allo stesso tempo è stato appagante e mi ha permesso di approfondire la conoscenza di Tolkien, delle sue letture, dei suoi interessi e delle sue fonti. Ma non solo, ho avuto modo di conoscere meglio e avere supporto da tanti studiosi che mai mi hanno fatto mancare suggerimenti, consigli anche delle critiche costruttive. Mi consentirai qui di ringraziarli e citarli: Douglas A. Anderson, Pieter Collier, Dimitra Fimi, Jason Fisher, Wayne G. Hammond, John Garth, Carl F. Hostetter, Jeremy H. Marshall, Peter Gilliver, Christina Scull, Mahdî Brecq, Ryszard Derdziński, Jeremy Edmonds, Eduardo Ferreira, Bradford Lee Eden, Wim Meeuws, Elena Rossi, Giovanni C. Costabile e poi gli archivisti di diverse università sparse nel mondo da Oxford a Liegi al Texas. Ora attendo solo di sapere cosa ne pensa chi vorrà acquistarlo.

Concludendo, puoi lasciarci qualche informazione di dettaglio per poter partecipare al Tolkien Archive?

Le sessioni sono aperte a un numero massimo di 25 partecipanti mentre le conferenze e le sessioni di gioco sono aperte a tutti e senza nessun costo fino a esaurimento dei posti. A oggi, ci sono gli ultimi posti disponibili per le sessioni di studio, e gli interessati possono trovare tutte le info all’indirizzo https://tolkienarchive.blogspot.com/p/sessioni-studio.html.

 

LINK UTILI

 Oronzo Cilli – https://tolkieniano.blogspot.com/

 Tolkien Archive – https://tolkienarchive.blogspot.com/

 Tolkien: Maker of Middle-earth – https://tolkien.bodleian.ox.ac.uk/

 Tolkien 2019 – https://www.tolkien2019.com/

 Tolkien’s Library: An Annotated Checklist (pagina Facebook) – https://www.facebook.com/tolkienslibrary/

Tolkieniani Italiani – Intervista a Giulia Nasini

Con l’approssimarsi del Tolkien Reading Day andiamo a conoscere Giulia Nasini, un’artista che sarà ospite dell’appuntamento indetto dai Cavalieri del Mark per sabato 23 marzo. Il contesto è quello della settimana dedicata alle letture tolkieniane, con i due giorni di anticipo sulla data canonica calibrati per sfruttare il weekend. Lo stesso presidente Giuseppe Scattolini è autore dell’intervista, da buon mecenate quale si sta rivelando!


Carissima Giulia, è per me un piacere intervistarti, essendo un’amica che ho conosciuto di persona nonché una conterranea marchigiana. Vorrei partire chiedendoti questo: la nostra regione ha tanti limiti e tante bellezze, ciò che ti propone è una sfida che accetti con piacere? Cosa significa essere un’artista emergente nelle Marche?

Giuseppe, innanzitutto grazie mille per questa possibilità: per me è un grande piacere poter parlare del mio percorso e condividere questa esperienza relativamente nuova. Per rispondere alla tua prima domanda, devo dire che da tempo non vedo più le Marche come una regione con limiti, ma semplicemente come il luogo in cui ho vissuto la mia infanzia e i miei affetti. Non nascondo che io abbia spesso rimuginato sulle difficoltà di svolgere un lavoro come quello che ho scelto in una città dove le possibilità per un’artista non sono molte – e ho sognato di spostarmi lontano anche con una certa convinzione – ma negli ultimi mesi ho iniziato ad apprezzare di più ciò che ho intorno, o forse ho iniziato a vedere davvero dove mi trovo. Non sento più il bisogno di fuggire, ora che sto diventando più consapevole di quello che sono e che voglio essere. È anche vero che i mezzi che abbiamo oggi mi permettono di avere contatti con chiunque nel mondo, in qualsiasi momento, e di conseguenza lavorare come voglio e con chi voglio. La sfida per me è stata accettare ciò che realmente volevo dalla mia vita, e così facendo mi si sono aperti gli occhi e finalmente ho potuto vedere la bellezza della mia regione senza pensare ai limiti e alle possibilità lavorative che avrei potuto avere in altre città.

Sulla tua pagina facebook ufficiale (https://www.facebook.com/giulianasinillustration/) dichiari che hai iniziato da bambina a disegnare e ad innamorarti della creatività. Quanti anni avevi e cosa realizzavi? La tua passione tolkieniana è nata allora o più tardi? Esiste un legame o una certa continuità per te tra la passione artistica e creativa e quella per Tolkien e i suoi testi?

Ricordo distintamente gli anni delle scuole elementari, quando passavo la maggior parte delle mie giornate a disegnare per me stessa o i miei compagni. Tra le altre cose, mi piaceva creare le mie bambole personali disegnandole sulla carta, e ho continuato a inventarne di nuove anche quando ormai non ero più una bambina: col passare degli anni quelle bambole sono diventate i miei personaggi preferiti dei libri che amavo. In realtà a volte lo faccio ancora adesso, solo che ora lo chiamo “character design”! Per quanto riguarda Tolkien e i suoi scritti, certamente sono legati alla mia creatività di ragazzina. Una delle mie bambole preferite era infatti la rappresentazione di Goldberry, la bellissima e bionda moglie di Tom Bombadil. Inoltre, durante gli anni delle scuole medie, scoprii la trilogia di Peter Jackson grazie a un’amica e compagna di classe, e vedendo gli artisti Alan Lee e John Howe lavorare insieme alla pellicola decisi definitivamente quale lavoro avrei fatto “da grande”.

Fino al settembre 2018 non hai mai intrapreso il tentativo di fare della tua passione la tua vita, un mestiere. Che cosa ti ha spinto a farlo? Pensi che tutti dovremmo inseguire le nostre passioni e tentare di realizzarle? E cosa diresti tu ai tanti che oggi hanno perso la fiducia nel fatto che i propri sogni possano realizzarsi?

Questa domanda è difficile… Per me è stato un viaggio un po’ travagliato, e la scelta di buttarmi in questa esperienza è stata ponderata. Non ero convinta di quello che stavo facendo in tutto e per tutto, e ho avuto bisogno di qualche spintarella e di tempo. Nonostante io sia sempre stata sicura di ciò che volevo per me stessa, non ho mai realmente pensato di meritarne la possibilità. Era solo questione di tempo prima di decidermi definitivamente a darmi una chance, e lo sapevo da anni, ma ancora adesso a volte mi sento fragile come durante lo scorso settembre. La mia è una passione durata tutta la vita, che non è legata al disegno di per sé, ma al mondo del fantastico e l’evasione da una realtà in cui sono sempre stata stretta. Non avrei potuto tenerla “a bada” ancora per molto! Penso che ognuno debba ascoltarsi e muoversi nella direzione giusta per sé stesso, ma con cautela e ragionevolezza. Credo che ci sia un percorso da seguire e non mi pento di aver aspettato tanto prima di espormi, perché ogni tappa mi ha portato a questo momento.  osa direi a chi ha perso la fiducia? Anche io l’ho persa, tante volte e per lunghi giorni. Se devo essere sincera la perdo ancora adesso, e tra le cose che mi spingono a provare e a migliorare è proprio sentire di non essere sola ad avere paura di fallire. Probabilmente l’importante è stringere i denti, avere fiducia e lavorare ogni giorno. Io nel mio percorso ci credo veramente, nonostante tutti i giorni difficili.

In particolare, dichiari che l’arte dell’illustrazione è il tuo vero sentiero, la via che ti senti di dover seguire nella vita. Che cosa vuoi comunicare attraverso il tuo lavoro, quali sono gli intenti e le finalità che stanno dietro le tue capacità ma soprattutto i tuoi desideri creativi?

L’illustrazione è il mio vero percorso perché io amo leggere. È la mia attività preferita fin da bambina e i libri illustrati sono stati ciò che mi ha più segnato caratterialmente quando ero piccola. In particolare le illustrazioni in bianco e nero delle favole dei fratelli Grimm, Perrault e Andersen, di cui ancora a distanza di anni ho ricordi vivissimi. Non ho intenti particolarmente alti, in realtà: mi piacciono le favole e le storie di creature fantastiche perché mi portano in mondi dove sono libera dai pensieri e le gabbie delle mie stesse ansie e paure. Mi piacciono le forme volatili, leggerissime e delicate. Vorrei portare un po’ di questa leggerezza nella mia “vita umana” e condividerla con gli altri e, per ora, riesco a esprimere questa mia necessità solo disegnando.

Noi ci siamo conosciuti tramite la comune passione tolkieniana: qual è il tuo rapporto con Tolkien, e come le sue opere ti sono di ispirazione? I testi tolkieniani che cosa ti suggeriscono? Ti hanno mai aiutato nella vita a superare ostacoli, momenti difficili, od in cui magari la tua vena creativa si stava affievolendo? Come può, in sostanza, il Professore essere uno stimolo e un sostegno per un artista oggi?

La prima volta che ho letto un testo di Tolkien – “La Compagnia dell’Anello” – non ero pronta, ero in terza media e avevo appena finito la maratona della trilogia di Peter Jackson. È stata una lettura lunga e a tratti difficile, e quello che mi aveva realmente ispirato era stata la descrizione di alcuni paesaggi. Ricordo che comprai insieme a mia sorella tutta la trilogia, una mappa gigantesca della Terra di Mezzo e Il Silmarillion. Inaspettatamente, la cosa che più mi colpì ai tempi fu l’incipit proprio del Silmarillion, che raccontava di Ilúvatar, la nascita degli Ainur e della loro Grande Musica. Quel sentimento mistico, ma così limpido e trasparente come una melodia, era esattamente ciò che cercavo, ed è quello che mi ha più ispirato di tutte le opere del Professore (e continua ancora adesso a ispirarmi!). Di nuovo ecco la mia necessità di semplicità e leggerezza.

Un’ultima domanda: come ti confronti con gli artisti tolkieniani contemporanei e cosa nei pensi dei loro vari stili? Secondo te la tecnica dell’arte digitale va bene per rappresentare Tolkien al meglio o bisogna invece tornare ai vecchi ma consolidati e classici metodi? Tra l’altro, essendo tu anche un’artigiana del legno, come si potrebbe realizzare un’opera tolkieniana lignea, proponendo questa novità un po’ a tutta l’arte tolkieniana in generale?

Sono di parte: per me Tolkien è strettamente collegato ad artisti come Alan Lee e John Howe, perché sono loro che mi hanno aperto gli occhi tanti anni fa. Le loro matite sono incredibili e devo ammettere che per me nessun dipinto digitale potrà mai avere lo stesso fascino di un semplice schizzo o delle tavole ad acquerello di Alan Lee. Non conosco tutti gli artisti contemporanei che illustrano le opere tolkeniane, ma spesso mi sono imbattuta in lavori digitali a tema Silmarillion o Il Signore degli Anelli e ho apprezzato molto anche quelli, nonostante le mie preferenze personali. Probabilmente ho una visione un po’ tradizionalista e arretrata, dato che io stessa preferisco evitare di lavorare in digitale, ma ognuno ha la propria personalità e i mezzi con cui ci esprimiamo e che apprezziamo di più sono soggettivi e personali. Infine, la prima cosa che vedo nella mente quando penso alle storie di Tolkien trasportate su legno è un enorme porta intagliata e decorata a pirografo. Una porta che potrebbe trovarsi a Gran Burrone, altissima e intricata. È piuttosto improbabile che io possa lavorare a un progetto del genere (almeno per adesso!), perciò mi accontento di sognare di creare una piccola serie di quadretti in legno di ciliegio con illustrazioni di paesaggi tolkieniani incisi a laser su tavoletta. Prima di decidere di intraprendere una strada tutta mia ho lavorato quasi un anno in un’azienda che si occupa di incisioni laser, e ho ancora questa idea in mente. Chissà, magari avrò l’occasione di poterla realizzare presto!

Spero di aver risposto abbastanza esaustivamente, ma soprattutto spero di non essermi dilungata troppo. Ringrazio di cuore a Giuseppe per questa enorme possibilità, per la sua gentilezza e il suo supporto. Per me è stato un vero piacere e ancora non so come esprimere la gratitudine e la sorpresa nel constatare quanto qualcuno possa apprezzare il mio modesto lavoro!

Tolkien Reading Day 2019: letture “misteriose”

Anche per quest’anno la Società Tolkieniana promuove il Tolkien Reading Day, nel giorno in cui si dedica un momento per leggere o rileggere il proprio passo preferito delle opere del Professore.

Il tema scelto dalla Tolkien Society per il 2019 è Tolkien e il misterioso.

Siamo a disposizione per dare supporto in tutti i modi in cui potremo a chiunque vorrà indire momenti di lettura collettiva. Vi invitiamo poi a dare notizia di come trascorrerete questa ricorrenza, condividendo le vostre foto o i vostri video o semplicemente annunciando quale passo avete scelto di leggere, in uno di questi canali:

Per qualsiasi richiesta di supporto per organizzare la vostra lettura non esitate a contattarci all’indirizzo silmaril@tolkien.it. Vi raccomandiamo inoltre di leggere di più sullo speciale Tolkien Reading Day 2019 curato da Tolkien Italia.

Buon giorno di letture tolkieniane a tutti!

Tolkieniani Italiani – Intervista a Mila Fois

Miti e cultura nordeuropea oggi come oggi hanno una presa molto intensa sull’immaginario quotidiano di un gran numero di persone. Per accostarli nella loro originaria genuinità occorre però sobbarcarsi un paziente e meticoloso studio delle fonti, oppure il rivolgersi a una persona esperta e fidata che a sua volta abbia alle spalle un retaggio di pari caratteristiche. Una di queste persone è senza dubbio Mila Fois, che vi invitiamo a conoscere (e in seguito a consultare, almeno mediante le sue numerose pubblicazioni) scorrendo le risposte all’intervista che Giuseppe Scattolini ha ottenuto di trascrivere e offrirci per la pubblicazione.

Preparatevi a un primo tuffo nell’affascinante mondo delle mitologie antiche…


Mila Fois, sei una lettrice ed un’appassionata di mitologia e di Tolkien: sono due passioni diverse o sono la stessa? Tolkien corre sui medesimi binari della mitologia cui si ispira o le sue opere funzionano diversamente?

Credo che ogni appassionato di Tolkien in fondo sia anche un amante della mitologia, così come che uno dei tratti più affascinanti e caratteristici delle opere del Professore sia il fatto che vi si possano trovare numerosi echi di miti e leggende che fanno parte del nostro passato. Sono due binari che spesso e volentieri si incontrano, arricchendosi vicendevolmente. Come sappiamo, Tolkien studiò con impegno e passione le grandi saghe del passato e queste gli furono d’ispirazione per il suo grande lavoro di creazione della Terra di Mezzo. Il Professore aveva un nobile scopo, ovvero quello di restituire all’Inghilterra l’apparato mitologico che questa aveva perduto con l’invasione normanna, oltre che in seguito a una troppo rapida industrializzazione che portò a una corsa verso le grandi città, lasciando indietro tutto ciò che apparteneva alla tradizione. Il suo è stato un attingere a piene mani dalla sorgente del mito per poi restituirlo completamente rinnovato: un lavoro davvero degno di ammirazione.

Negli anni hai scritto tantissimi libri sulle mitologie di tutto il mondo: qual è l’intento che ti ha ispirata negli anni e qual è stata l’idea, o il motivo, che ti ha spinta a partire?

Quando ho iniziato a interessarmi di mitologia, la più nota era quella classica, studiata anche nelle scuole, mentre delle altre si sapeva davvero poco. Vi era un grande divario tra i libri disponibili per chi volesse iniziare a conoscere miti come quelli celtici, norreni, indiani o mesopotamici: erano infatti reperibili solo tomi pensati per accademici o volumetti per bambini. Avrei voluto trovare una via di mezzo e, dal momento che ne sentivo il bisogno, ho pensato di crearla io. La collana Meet Myths nasce dunque per aiutare chiunque, anche coloro che non hanno tanto tempo a disposizione, a conoscere le splendide leggende che animavano il mondo degli antichi. Mi spingono tuttora a continuare questo percorso l’amore e la curiosità verso i miti del passato, assieme al desiderio di renderli accessibili a tutti.

Negli studi tolkieniani siamo soliti collegare Tolkien ai miti nordici, soprattutto a quelli di area balcanica, celtica, islandese… non sono certo però che tutti abbiano bene in mente la grandissima diversità che c’è tra le varie concezioni mitologiche interne al mondo nordico: puoi spiegarci qualcosa in merito alle varie differenze intercorrenti tra le mitologie nordiche?

Nonostante ormai, grazie anche al mondo del fumetto, del cinema e della musica, le mitologie nordiche siano entrate nell’immaginario comune, permane talvolta un po’ di confusione. I miti celtici, per esempio, sono spesso confusi con quelli scandinavi, e tutto ciò che viene dal nord viene etichettato come mitologia nordica senza fare distinzioni. Mentre la tradizione norrena vedeva come proprie figure di riferimento divinità come Odino, Thor, Frey o Freyja, quella celtica ha toni e atmosfere molto diversi, e in particolare in Irlanda si contano numerose ondate di popoli invasori, uno dei quali è quello dei Tuatha Dé Danann, guidato da figure quali Nuada, Lugh, Ogma o il Dagda. Ancor più a nord troviamo la mitologia finnica, anch’essa, come le precedenti, molto amata da Tolkien. In questo caso la terra è pervasa da spiriti e incontriamo sciamani in grado di entrare in comunicazione con loro. Questi sono solo tre esempi, ma ciascun popolo ha una propria storia da raccontare ed è magnifico avere l’opportunità di ascoltare la loro voce anche dopo secoli, scoprendo le peculiarità di ognuno di essi e lasciandoci incantare dalle gesta di divinità ed eroi.

Rispetto a queste mitologie e alle differenze che hai ricordato, Tolkien secondo te si ispira di più a una in particolare o a tutte loro? Come hanno potuto queste mitologie dare forma alla Terra di Mezzo?

Tolkien amava molto i miti del nord, e ce lo ha dimostrato dedicando loro interessanti studi. Beowulf, La Leggenda di Sigurd e Gudrun, La Caduta di Artù e La Storia di Kullervo sono solo alcuni esempi del suo legame con la tradizione anglosassone, norrena, bretone e finlandese, ma questi cicli narrativi hanno influito molto anche in maniera meno evidente, permeando la trama stessa del mondo da lui creato, prendendo vita all’interno della Terra di Mezzo. Chi conosce le saghe norrene non faticherà a trovare molti elementi in comune con il mondo di Tolkien: tra elfi, nani, draghi e magici anelli, l’immaginario nordico sembra prendere vita, rinnovandosi e mostrando di avere ancora molto da raccontare. Alcuni personaggi tolkieniani sono ispirati a eroi della leggenda, come nel caso di Turin Turambar e Kullervo, lo sfortunato eroe del Kalevala. Lo stesso Gandalf (che porta un nome norreno) racchiude in sé sfumature che lo legano allo sciamano Väinämöinen, a Merlino e persino al dio norreno Odino. I punti di contatto sono numerosissimi, ma questo non va in alcun modo a inficiare l’originalità della creazione di Tolkien. Ciascun demiurgo interviene plasmando la materia, e così ha fatto il Maestro, prendendo miti e leggende che sentiva sempre più evanescenti, quasi stessero svanendo, offuscati dai fumi neri dell’industrializzazione o spazzati via dall’irruenza di nuovi dominatori, e rendendoli di nuovo vivi, capaci di farci meravigliare, riportandoci alle nostre radici con gli occhi lucidi e pieni di bellezza. Tra tutte, penso che la mitologia norrena sia quella che abbia avuto un ruolo preponderante (i nomi dei nani che accompagnano Bilbo, così come quelli di molti altri personaggi, vengono proprio dall’Edda Poetica) ma di certo non fu la sola a ispirare la penna del professore.

Le mitologie che Tolkien conosceva non erano solo quelle del nord Europa, ma anche della Grecia, ad esempio, o di altri paesi ancora più lontani dal suo, l’Inghilterra. Lui ci dice che il suo intento era quello di dare una mitologia all’Inghilterra, al suo paese, alla sua terra natale. Secondo te, nel farlo, hanno avuto per lui un peso anche i miti di altre terre, oltre quelle più prossime alla sua? Quali possono essere questi altri miti che hanno ispirato Tolkien, oltre quelli nordici e greci?

Oltre alle mitologie più vicine a Tolkien da un punto di vista geografico e culturale, ovvero quella norrena, assieme a quella celtica, greca e anglosassone, certamente il Professore ha tratto ispirazione anche dal Kalevala, l’epopea nazionale finlandese che raccoglie antichi canti tradizionali di matrice sciamanica. Non dobbiamo però dimenticare l’influenza che ebbero il cristianesimo e, perciò, anche tutte quelle culture che hanno fortemente lasciato la loro impronta nella Bibbia, come quella mesopotamica e persiana, nell’immaginario tolkieniano, specialmente quando si parla di creazione e dei primissimi abitanti della Terra di Mezzo.

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“La voce di Arda”, web radio su Tolkien

Tra appassionati tolkieniani ci piace da sempre socializzare, comunicare e scambiarci pareri sulle opere del nostro autore prediletto. Ogni lettura, spunto, contributo o l’uscita di nuove opere artistiche ispirate alla Terra di Mezzo diventa un “pretesto” per accrocchiare capannelli in cui dire, anche animatamente, la propria. Ma l’Italia è anche il paese della radio e il web ha offerto le risorse per una sorta di ritorno di fiamma di ciò che furono le radio libere degli anni Settanta del secolo scorso e sono in tanti che si sono cimentati con il broadcast mettendosi al microfono e attivando un servizio che permette di produrre vere e proprie trasmissioni radiofoniche via rete, con tanto di podcast dove archiviare le puntate. Potevano dunque mancare all’appello le web radio tolkieniane? Ovviamente no. Qui abbiamo l’occasione di presentarvi un interessante progetto tutto dedicato ai nostri temi principali: La voce di Arda.

In questo mondo caotico dove la bellezza viene sempre più sminuita spesso troviamo interessi che possono accomunarci, farci aggregare per creare una realtà solida, una realtà di amicizia: per alcuni di noi questo mezzo è stato Tolkien.

Due amici, Edoardo e Simone, si sono scoperti accomunati dalla stessa passione: la lettura e l’esplorazione del mondo di Tolkien fin nei minimi dettagli. Da questa passione sono nate due pagine Facebook, Le Migliori frasi del Silmarillion (che a oggi conta oltre 15.000 like) e Alte Navi, Alti re, sette Pietre e un Albero Bianco (il cui punto di forza è il dinamismo e la trattazione puntuale dei temi più in voga). “Ma ciò non bastava”, ci confidano, “la nostra passione era veramente forte e determinata; una piccola pagina Facebook non era di certo il nostro obiettivo finale. Passavano gli anni e tra un post e l’altro, tra un passo del libro e l’ennesima visione della trilogia, la nostra passione non scemava. Venne poi il giorno in cui fu annunciata la nuova trilogia de Lo Hobbit al cinema e, quindi, capimmo che Tolkien e il mondo tolkieniano in genere non era morto, anzi: c’erano (e ci sono) molte, moltissime realtà tolkieniane, l’interesse era attivo più che mai e le cose da dire erano ben lungi dall’essere finite”.

Come noi, dunque, così come molti di voi che state leggendo, Edoardo e Simone non si sono fermati alla pur gratificante fase della condivisione di emozioni e impressioni: ben presto anche loro sono stati “vittima” dell’impulso a costruire strumenti per allargare ed arricchire la loro comunità, come anche a interfacciarsi con i tantissimi che già affollavano l’ambiente – sia come singoli che come altre realtà aggregate. E come spesso accade quando la passione è pura, i risultati non sono tardati ad arrivare: “Volevamo cogliere l’occasione. Volevamo sperimentare qualcosa di nuovo, quasi per gioco, volevamo buttarci. Così nasce questa idea dopo aver conosciuto, quasi per caso, la piattaforma di spreaker.com, un sito di radio in streaming su internet, dove bastavano un PC ed un microfono per fare una puntata. Abbiamo quindi preso in considerazione l’idea e, armandoci di libro e tanta, tanta voglia, abbiamo cominciato a registrare, ed in poche puntate (solo una quindicina, a cadenza infrequente) abbiamo registrato con gioia molti ascolti, più di quanti ne avessimo mai sperati, con molta gente in chat che interagiva con molteplici domande e la cosa che ci ha soddisfatto di più sono stati i continui messaggi di persone sensibilmente interessate al progetto della web radio. Mai avremmo immaginato di fare un così gran successo , con un piccolo spazio nel web che parlava e trattava i temi di Tolkien nella semplicità più pura.

L’esperienza, però, ad un certo punto si è esaurita. Allo slancio iniziale, sull’onda dell’entusiasmo, non ha fatto seguito fin da subito una pianificazione che tenesse conto delle risorse a disposizione: “Purtroppo per vari motivi abbiamo interrotto la programmazione, anche se a volte qualcuno ci ha scritto per chiedere se mai avesse ripreso”.

Ma recentemente i tempi sono cambiati, per una volta in meglio! Coinvolti dai Tolkieniani Italiani, non certo da meno quanto a visione e a desiderio di crescere qualitativamente e quantitativamente, i due amici hanno ritrovato terreno fertile su cui ricominciare a coltivare la loro idea, con un occhio ben saldo sui temi da trattare (e le fonti da cui reperire le informazioni appropriate) e l’altro spalancato sulle miriadi di gruppi, associazioni e appassionati che, magari senza saperlo, non aspettano altro che una nuova risorsa di valore: “Perciò, di recente abbiamo deciso di ritornare, più carichi che mai, rinnovandoci ma restando sempre nel nostro tema. Il nostro obiettivo principale come web radio è quella di far conoscere Tolkien nelle sue parti più intime, interessanti e coinvolgenti, tramite la lettura dei passi dei vari romanzi e la loro puntuale spiegazione, ma non solo: d’ora in poi ci impegneremo affinché le puntate saranno coronate da notizie fresche dal mondo tolkieniano, che non cessano mai di arrivare e di stupirci”. Va da sé che qui il riferimento è alle campagne virali in corso, riguardanti il biopic su Tolkien e serie TV Amazon ambientata nella grandiosa Terra di Mezzo, che gran parte degli appassionati (Edoardo e Simone non si estraniano, ovviamente) non vede l’ora di ammirare sugli schermi. Ma La voce di Arda racconterà anche delle novità circa pubblicazioni di libri ed articoli, di siti web, conferenze ed eventi: “Il mondo tolkieniano non è mai stato così vivo! Nostro scopo è quello di portare Tolkien anche a chi non lo conosce bene, o lo ha conosciuto solo superficialmente tramite la famosa trilogia di Jackson.  In questo modo, speriamo di far loro apprendere qualcosa di nuovo e farli avvicinare di più all’immaginario vasto e florido che è quello tolkieniano”. Ma i due strizzano l’occhio anche ai più esperti, quei nomi che magari si vedono un po’ più spesso come redattori di testate specializzate, autori e relatori da convegno: la loro idea è quella di toccare più a fondo i temi tolkieniani, scavare fino alle radici che hanno contribuito a costruire quella che per loro e noi è una sorta di seconda casa del cuore, Arda. “Ci piacerebbe anche indagare sul Tolkien uomo, oltre che sul Tolkien creatore di mondi – che rimane pur sempre la parte importante e fondamentale del nostro progetto. Con questo nostro piccolo proposito cercheremo di arrivare a più gente possibile per fargli conoscere più da vicino ciò che per noi è stato un punto fondamentale della nostra vita”.

Entusiasmo e umiltà: la chiave di volta per diventare dei membri attivi e amati della comunità tolkieniana. “Io e Simone non siamo di certo dei grandi esperti conosciuti per la loro fama nella scena tolkieniana italiana, ma pensiamo e speriamo che il nostro piccolo progetto homemade possa portare un po’ di Tolkien nelle case di tutti, per far conoscere e soprattutto condividere questa immortale passione. Vorremmo contribuire a creare nel tempo una comunità vivida e florida, che si erga sotto il vessillo della letteratura epica e fantastica che ci ha fatto sognare fin da piccoli e che sicuramente farà sognare anche le generazioni future”.

E noi speriamo di averli accanto come compagni di viaggio in questo splendido e nobile cammino!

[A breve pubblicheremo tutti i parametri per effettuare il collegamento con la web radio e con il podcast]

Tolkieniani Italiani – Intervista a Andrea Piparo

Proseguiamo la nostra “esplorazione” nel mondo degli illustratori che si ispirano anche, ma non solo, alla Terra di Mezzo. Lo facciamo invitandovi a conoscere più in dettaglio una persona che si è fatta apprezzare dal lato umano, prima ancora che da quello (pur notevole) artistico: Andrea Piparo, indicato anche da molti addetti ai lavori come già ben di più di una promessa del settore. Apprezzate come ha “pennellato” le risposte alle domande di un Giuseppe Scattolini che mostra di non perdere mai il polso della situazione.


Andrea Piparo, ci siamo conosciuti all’incirca un anno fa al Tolkien Reading Day organizzato da Nicolas Gentile in Abruzzo nella sua Bucchianico. Voglio partire dall’impressione che mi hai fatto: una brava persona. Tra l’altro, sei uno dei pochi che, per quanto ne so, non pensa il mondo tolkieniano per blocchi, a differenza della stragrande maggioranza delle persone: quale sarebbe per te il luogo ideale ed il modo migliore di condividere la passione tolkieniana, superando magari le grandi divisioni che da troppo tempo ci affossano?

Secondo me ogni luogo può potenzialmente essere il luogo adatto, ed ogni momento il momento adatto per parlare, per sentire, per studiare ed apprezzare l’opera Tolkieniana. insieme a chi condivide con noi la stessa passione. L’importante è farlo con genuinità, e ricordarsi che l’ammirazione per i suoi scritti e la sua figura è un elemento che accomuna molte persone sotto aspetti diversi (letterario, artistico, storico, cinematografico ecc.) e quindi, in quanto passione condivisa, dovrebbe avvicinare i cuori, e non allontanarli, altrimenti, a mio avviso, rischia di perdere la sua naturale bellezza e, forse ancor peggio, la sua ragion d’essere. Quindi in sostanza: a cosa serve una passione comune, se poi questa non ci unisce?

Per conoscerti meglio: raccontaci un po’ la tua esperienza di artista, quando è cominciata e perché, e quali sono le motivazioni che ti spingono ad andare avanti.

La mia esperienza nel settore inizia nell’autunno del 2012 quando, grazie alla Scuola Internazionale di Comics, io ed altri ex allievi abbiamo avuto la possibilità di illustrare il calendario della Polizia di Stato del 2013. Nell’anno successivo ho esposto in una piccola personale a Roma, dove ho dato largo spazio alla mia produzione sul fantasy (da sempre la mia passione) e sull’opera del Professore. Grazie a questa e ad altre successive esperienze, sono cresciuto come illustratore, partecipando a molti eventi del settore. Ho potuto creare e formare poco a poco una mia piccola realtà sempre più attiva e concreta nel mondo dell’illustrazione, unendomi a collettivi, conoscendo autori, editori e tanti colleghi, ora amici, e diversi Maestri in questo mestiere. La passione per il disegno e per la pittura, sia tradizionali che digitali, unita all’amore per questa professione, é la propulsione che mi spinge avanti ogni giorno. Conoscere poi tante persone che come me condividono questo entusiasmo, confrontarmi con loro, avere modo di studiare e conoscere i grandi artisti, continua ad accendere in me la voglia di fare sempre meglio.

Il tuo incontro con Tolkien. Quando parlammo nell’occasione suddetta, mi dicesti che ci tieni ad essere filologico, per quanto possibile, quando lavori per rappresentare i testi di Tolkien. Quando hai conosciuto Tolkien e cosa più ti attira nelle sue pagine?

Onestamente il mio approccio all’opera Tolkieniana è avvenuto, come per molti altri, con la prima trilogia di ISDA di Peter Jackson, nel già lontano 2001. Allora avevo 11 anni, e quel primo film rimase nella mia memoria da ragazzino appassionato di fantasy come “solo un bel film…”. Fu poi nel 2005, quindi un anno dopo l’uscita nelle sale cinematografiche de “Il Ritorno del Re”, che sentii la necessità di approfondire e leggere quello splendido racconto di cui sapevo ancora poco e nulla. Nei viaggi in treno di andata e ritorno, mentre andavo a scuola, lessi la trilogia de “Il Signore degli Anelli” scoprendo un vero e proprio universo incantato dietro e dentro quello che Jackson aveva solo anticipato con i suoi film. La bellezza poetica di quel mondo, di quei personaggi che sembrano muoversi in un’avventura fantastica, eppure così vicina al concetto di mitologia e leggenda; mi ha affascinato a tal punto che alla fine ho sentito forte il desiderio di mostrare la mia visione di quella intricata, profonda, drammatica e magnifica storia, attraverso disegni e dipinti ispirati dai passaggi che più mi hanno intrigato nei libri e/o di cui ho sentito la mancanza nei film. Quando mi approccio al lavoro del Professore, sento ancora la necessità di essere fedele ai suoi scritti: per quanto mi è possibile, cerco di documentarmi bene prima di un disegno, e ancor più prima di un dipinto. Sento di doverlo a me, come corretta interpretazione del mio lavoro di illustratore (quindi di colui che illustra, che “spiega” attraverso le immagini) e penso di doverlo allo stesso Professore, come segno di rispetto alla sua opera straordinaria.

Tu sei un sempre più affermato artista fantasy. Come sai, la questione è molto dibattuta e travagliata se Tolkien faccia o no parte del genere. Io ritengo di no, perché la sua produzione è in generale troppo ampia e variegata per mettergli addosso l’etichetta del fantasy, ed anche entrando nelle opere particolari mi sembra sempre riduttivo parlare delle sue opere relegandole in questo genere che avrebbe tramite lui conosciuto una nuova nascita. Voglio chiederti: quando lavori su Tolkien e quando invece ti approcci a tematiche e soggetti fantasy, lo fai con lo stesso atteggiamento o il tuo approccio non cambia?

Mi trovi d’accordo, anche io sento di non poter inglobare Tolkien all’interno di un contesto totalmente fantasy, o meglio, non ritengo di poterlo inserire completamente in questo genere. Nei suoi scritti ho sempre percepito una profondità, un’anima ricca di valori, etica e nobiltà che ora faccio fatica a descrivere, ma che so essere recepita da molti come me. Proprio per questo motivo, quando lavoro sulla sua opera, sento quasi il dovere di comunicare le sensazioni, di arricchire l’immagine con dei concetti, di infondere i sentimenti che ho sentito penetrarmi nel leggere le pagine interessate dalla rappresentazione. Per questo motivo mi impegno e provo a dare qualcosa in più con Tolkien, nel tentativo di restituire un pizzico della magia che ho ricevuto dal Professore. Spero che questo si noti!

Voglio concludere facendoti discutere un po’ la tua opera che ho sempre amato di più, e che ritengo maggiormente rappresentativa della tua arte tolkieniana: la tua interpretazione della morte di Boromir. Ivi ci mostri il momento ultimo di commiato dal grande guerriero di Gondor, la cui morte non esito a chiamare LA morte, perché gloriosa e rappresentativa sommamente dell’umanità, essendo espressione contemporaneamente di eroismo e fragilità. Secondo me questo traspare molto nella tua opera, dalle espressioni tanto del caduto che di Aragorn e Gimli, mentre nella gestualità di Legolas, che è di spalle, ho sempre visto un grande rispetto e senso di servizio verso questa persona di un’altra stirpe che conosce un tipo di morte diverso da quello degli Elfi, chiedendosi magari su come sarà quando avverrà la sua, ed interrogandosi in merito al fato della sua stessa stirpe. Commenta ampiamente la tua opera, i pensieri che ti hanno guidato nel farla e che ti guidano mentre la guardi a distanza di tempo.

Con “L’addio di Boromir” ho voluto rappresentare un momento cruciale dell’avventura, il punto che vede la Compagnia salutare un nobile compagno di viaggio, il quale, nella sua umanità e quindi fallibilità, ha ceduto per un attimo all’anello e alla tentazione che esso rappresenta, redimendosi però alla fine, con l’ estremo sacrificio.  Sono felice di essere riuscito nell’intento di far trasparire il dolore, dai volti e dalla gestualità dei suoi compagni Aragorn, Legolas e Gimli, che con estremo rispetto verso il guerriero e l’ amico, depongono le armi dei nemici caduti ai suoi piedi e adagiano il suo corno spaccato sul ventre. Per cercare di raggiungere una certa fedeltà nel vestiario e nelle sembianze dei personaggi, ho riletto i capitoli precedenti a quel triste momento, soprattutto il loro passaggio a Lórien e l’incontro con Galadriel, la quale offre a tutta la Compagnia doni speciali, come i mantelli grigi e le fibule a forma di foglia. Uno di questi è la cintura dorata offerta a Boromir, che ho riprodotto nel dipinto. Come raramente mi accade prima di un lavoro, avevo già un’idea chiara dei colori che avrei usato ed i toni caldi del tramonto erano fermi nella mia mente già dai primi bozzetti.  Ho voluto inserire un raggiante crepuscolo anche per l’aspetto simbolico, una “fine”, parallela a quella di Boromir, ma carica di luce e speranze, che prelude ad un altro inizio e quindi non definitiva o tetra. Tutto finisce e tutto si rinnova, ed anche un momento triste come l’estremo saluto ad un compagno non può, non deve lasciare spazio alla buia disperazione, e il tramonto sullo sfondo è lì per ricordarlo.