Una dedica in elfico da parte di Christopher Tolkien?

“Non capita tutti i giorni di dover analizzare una frase in Alto-elfico che potrebbe essere stata scritta da un Tolkien. Oltre a tutto, non solo mettendo in gioco le proprie conoscenze ma con in più la responsabilità di condizionare l’acquisto o meno di un potenziale pezzo unico da collezione”. Con queste parole Gianluca Comastri, amico di vecchissima data e cultore di lingue della Terra di Mezzo da ben prima e ora anche membro e strettissimo collaboratore STI, ha commentato sulla sua bacheca Facebook la singolare ed affascinante avventura che gli è recentemente occorsa. Ma com’è stato possibile, nel 2018 d.C., imbattersi in un ritrovamento simile?

Manco a dirlo, a innescare il tutto è stata un’altra vecchia conoscenza, il capostipite dei collezionisti tolkieniani nostrani Oronzo Cilli. Accadde dunque che, un mese fa, una libreria di Oxford ha posto in vendita una terza impressione inglese di The Adventures of Tom Bombadil di J.R.R. Tolkien, pubblicato per i tipi della George Allen and Unwin (1968). Nella presentazione del libro il venditore sottolineava che sulla prima pagina campeggia una dedica “presumibilmente” attribuibile a Christopher Tolkien e caratterizzata niente meno che dalla presenza di una iscrizione in lingua Alto-elfica (qui riprodotta per gentile concessione di Oronzo Cilli, tutti i diritti riservati). Come prima cosa Oronzo si era messo a caccia di indizi a riguardo della frase in Quenya, ma tutto ciò che gli fu restituito dai motori di ricerca non fu esattamente la stessa frase, bensì una simile ma non identica: nai elen siluva parma-restalyanna (“may a star shine upon your book-fair”) con accanto la sigla “VT49:38” che sta ad indicare le coordinate editoriali del brano, vale a dire la pagina 38 del numero 49 della rivista di linguistica tolkieniana Vinyar Tengwar (2007). La frase sul libro in vendita presenta invece la variante parmahentalyanna. Deciso ad andare sino in fondo, Oronzo a quel punto coinvolse Gianluca, auspicando che fosse in possesso di qualche ulteriore dettaglio utile ad affermare almeno la possibilità che quel “Chris” potesse proprio essere Christopher Tolkien.

“Mettere a confronto le nostre rispettive conoscenze è stato fondamentale”, ci confida Gianluca. “Dai documenti in mio possesso potevo affermare senza dubbio che la frase Quenya era corretta, ma quella riportata in VT e passatami da Oronzo era una frase ad opera di J.R.R. Tolkien e lì mi sono reso conto, di colpo, che fino a quel momento non avevo mai investigato circa le eventuali conoscenze di elfico di Christopher Tolkien. Sapevo da letture precedenti che ha avuto una parte di primissimo piano nella stesura delle trame narrative, ma fino a che punto poteva essere addentro alle lingue? Su una cosa potevo essere sicuro, vale a dire che alla fine degli anni ’60 nessuno a parte i Tolkien poteva possedere conoscenze tanto avanzate di Quenya (e anche adesso giurerei che non siano più delle dita di una mano le persone in grado di citare a memoria parole tanto inconsuete, né io vi sarei compreso), per cui se la dedica risale ad allora è praticamente certo che sia autentica. Andando per scrupolo a caccia della parte finale di parmahentalyanna, vale a dire le due desinenze –lya e –nna, ho trovato conferma del fatto che J.R.R. Tolkien (per quanto noto a oggi) non le ha rimaneggiate dopo quella data, sicché tutti gli elementi di vocabolario erano precedenti al 1968 ed era logico che Christopher Tolkien ne fosse a conoscenza. Andando a spulciare gli elenchi di lemmi in lingue di Arda, però, c’era anche un appunto dovuto a Wayne Hammond e Christina Scull (autori della guida di riferimento a oggi  più completa in merito ai materiali di Tolkien), stando ai quali da fine anni ’50 a fine anni ’60 Tolkien padre mise mano a una serie di elenchi di elementi nelle varie lingue e discuteva regolarmente modifiche e rimaneggiamenti col figlio. Dunque, se proprio non potevo mettere il timbro di autenticità sulla dedica (che fino ad allora non avevo ancora visto, peraltro, poiché non mi ero fatto mandare la foto), almeno potevo scommettere sulla sua genuinità in buona coscienza. Fatto sta che Oronzo si è fidato e ha perfezionato l’acquisto, scongiurando l’arrivo di qualche altro collezionista pronto a gettarsi sulla pista e a soffiargli la preda”.

Siccome però fidarsi è bene ma non fidarsi è meglio, Oronzo ha pensato bene di coinvolgere anche Carl F. Hostetter, uno dei pilastri degli studi linguistici tolkieniani mondiali, membro storico della redazione di VT e autore proprio dell’articolo sul numero 49 menzionato sopra. Secondo Hostetter, anche prima di esaminarne la riproduzione fotografica, il Quenya della dedica “sembra ragionevole, quindi potrebbe davvero essere di Christopher”: il giorno dopo, avendola ricevuta da Oronzo, conferma l’impressione e aggiunge: “La calligrafia non è tipica, almeno non della sua ultima mano, essendo più ‘retta’, ma ci sono comunque abbastanza caratteristiche per convincermi. A parte questo, nel 1968, le uniche persone che avrebbero potuto produrre un Quenya simile erano Christopher e suo padre”.

Morale della favola: Oronzo ora ha aggiunto ai suoi scaffali quello che ha tutta l’aria di essere un pezzo unico e di valore, Gianluca ha visto la sua “perizia” confermata da una delle fonti più autorevoli di quel campo di studi, abbiamo vissuto una bella avventura in più da raccontare e abbiamo la riprova che la via per accrescere la propria conoscenza divertendosi è quella di mettere a fattor comune contatti e competenze – e che anche in Italia abbiamo persone che non sfigurano a confronto con gli esperti del resto del mondo!