Tolkieniani Italiani – Intervista a Andrea Piparo

Proseguiamo la nostra “esplorazione” nel mondo degli illustratori che si ispirano anche, ma non solo, alla Terra di Mezzo. Lo facciamo invitandovi a conoscere più in dettaglio una persona che si è fatta apprezzare dal lato umano, prima ancora che da quello (pur notevole) artistico: Andrea Piparo, indicato anche da molti addetti ai lavori come già ben di più di una promessa del settore. Apprezzate come ha “pennellato” le risposte alle domande di un Giuseppe Scattolini che mostra di non perdere mai il polso della situazione.


Andrea Piparo, ci siamo conosciuti all’incirca un anno fa al Tolkien Reading Day organizzato da Nicolas Gentile in Abruzzo nella sua Bucchianico. Voglio partire dall’impressione che mi hai fatto: una brava persona. Tra l’altro, sei uno dei pochi che, per quanto ne so, non pensa il mondo tolkieniano per blocchi, a differenza della stragrande maggioranza delle persone: quale sarebbe per te il luogo ideale ed il modo migliore di condividere la passione tolkieniana, superando magari le grandi divisioni che da troppo tempo ci affossano?

Secondo me ogni luogo può potenzialmente essere il luogo adatto, ed ogni momento il momento adatto per parlare, per sentire, per studiare ed apprezzare l’opera Tolkieniana. insieme a chi condivide con noi la stessa passione. L’importante è farlo con genuinità, e ricordarsi che l’ammirazione per i suoi scritti e la sua figura è un elemento che accomuna molte persone sotto aspetti diversi (letterario, artistico, storico, cinematografico ecc.) e quindi, in quanto passione condivisa, dovrebbe avvicinare i cuori, e non allontanarli, altrimenti, a mio avviso, rischia di perdere la sua naturale bellezza e, forse ancor peggio, la sua ragion d’essere. Quindi in sostanza: a cosa serve una passione comune, se poi questa non ci unisce?

Per conoscerti meglio: raccontaci un po’ la tua esperienza di artista, quando è cominciata e perché, e quali sono le motivazioni che ti spingono ad andare avanti.

La mia esperienza nel settore inizia nell’autunno del 2012 quando, grazie alla Scuola Internazionale di Comics, io ed altri ex allievi abbiamo avuto la possibilità di illustrare il calendario della Polizia di Stato del 2013. Nell’anno successivo ho esposto in una piccola personale a Roma, dove ho dato largo spazio alla mia produzione sul fantasy (da sempre la mia passione) e sull’opera del Professore. Grazie a questa e ad altre successive esperienze, sono cresciuto come illustratore, partecipando a molti eventi del settore. Ho potuto creare e formare poco a poco una mia piccola realtà sempre più attiva e concreta nel mondo dell’illustrazione, unendomi a collettivi, conoscendo autori, editori e tanti colleghi, ora amici, e diversi Maestri in questo mestiere. La passione per il disegno e per la pittura, sia tradizionali che digitali, unita all’amore per questa professione, é la propulsione che mi spinge avanti ogni giorno. Conoscere poi tante persone che come me condividono questo entusiasmo, confrontarmi con loro, avere modo di studiare e conoscere i grandi artisti, continua ad accendere in me la voglia di fare sempre meglio.

Il tuo incontro con Tolkien. Quando parlammo nell’occasione suddetta, mi dicesti che ci tieni ad essere filologico, per quanto possibile, quando lavori per rappresentare i testi di Tolkien. Quando hai conosciuto Tolkien e cosa più ti attira nelle sue pagine?

Onestamente il mio approccio all’opera Tolkieniana è avvenuto, come per molti altri, con la prima trilogia di ISDA di Peter Jackson, nel già lontano 2001. Allora avevo 11 anni, e quel primo film rimase nella mia memoria da ragazzino appassionato di fantasy come “solo un bel film…”. Fu poi nel 2005, quindi un anno dopo l’uscita nelle sale cinematografiche de “Il Ritorno del Re”, che sentii la necessità di approfondire e leggere quello splendido racconto di cui sapevo ancora poco e nulla. Nei viaggi in treno di andata e ritorno, mentre andavo a scuola, lessi la trilogia de “Il Signore degli Anelli” scoprendo un vero e proprio universo incantato dietro e dentro quello che Jackson aveva solo anticipato con i suoi film. La bellezza poetica di quel mondo, di quei personaggi che sembrano muoversi in un’avventura fantastica, eppure così vicina al concetto di mitologia e leggenda; mi ha affascinato a tal punto che alla fine ho sentito forte il desiderio di mostrare la mia visione di quella intricata, profonda, drammatica e magnifica storia, attraverso disegni e dipinti ispirati dai passaggi che più mi hanno intrigato nei libri e/o di cui ho sentito la mancanza nei film. Quando mi approccio al lavoro del Professore, sento ancora la necessità di essere fedele ai suoi scritti: per quanto mi è possibile, cerco di documentarmi bene prima di un disegno, e ancor più prima di un dipinto. Sento di doverlo a me, come corretta interpretazione del mio lavoro di illustratore (quindi di colui che illustra, che “spiega” attraverso le immagini) e penso di doverlo allo stesso Professore, come segno di rispetto alla sua opera straordinaria.

Tu sei un sempre più affermato artista fantasy. Come sai, la questione è molto dibattuta e travagliata se Tolkien faccia o no parte del genere. Io ritengo di no, perché la sua produzione è in generale troppo ampia e variegata per mettergli addosso l’etichetta del fantasy, ed anche entrando nelle opere particolari mi sembra sempre riduttivo parlare delle sue opere relegandole in questo genere che avrebbe tramite lui conosciuto una nuova nascita. Voglio chiederti: quando lavori su Tolkien e quando invece ti approcci a tematiche e soggetti fantasy, lo fai con lo stesso atteggiamento o il tuo approccio non cambia?

Mi trovi d’accordo, anche io sento di non poter inglobare Tolkien all’interno di un contesto totalmente fantasy, o meglio, non ritengo di poterlo inserire completamente in questo genere. Nei suoi scritti ho sempre percepito una profondità, un’anima ricca di valori, etica e nobiltà che ora faccio fatica a descrivere, ma che so essere recepita da molti come me. Proprio per questo motivo, quando lavoro sulla sua opera, sento quasi il dovere di comunicare le sensazioni, di arricchire l’immagine con dei concetti, di infondere i sentimenti che ho sentito penetrarmi nel leggere le pagine interessate dalla rappresentazione. Per questo motivo mi impegno e provo a dare qualcosa in più con Tolkien, nel tentativo di restituire un pizzico della magia che ho ricevuto dal Professore. Spero che questo si noti!

Voglio concludere facendoti discutere un po’ la tua opera che ho sempre amato di più, e che ritengo maggiormente rappresentativa della tua arte tolkieniana: la tua interpretazione della morte di Boromir. Ivi ci mostri il momento ultimo di commiato dal grande guerriero di Gondor, la cui morte non esito a chiamare LA morte, perché gloriosa e rappresentativa sommamente dell’umanità, essendo espressione contemporaneamente di eroismo e fragilità. Secondo me questo traspare molto nella tua opera, dalle espressioni tanto del caduto che di Aragorn e Gimli, mentre nella gestualità di Legolas, che è di spalle, ho sempre visto un grande rispetto e senso di servizio verso questa persona di un’altra stirpe che conosce un tipo di morte diverso da quello degli Elfi, chiedendosi magari su come sarà quando avverrà la sua, ed interrogandosi in merito al fato della sua stessa stirpe. Commenta ampiamente la tua opera, i pensieri che ti hanno guidato nel farla e che ti guidano mentre la guardi a distanza di tempo.

Con “L’addio di Boromir” ho voluto rappresentare un momento cruciale dell’avventura, il punto che vede la Compagnia salutare un nobile compagno di viaggio, il quale, nella sua umanità e quindi fallibilità, ha ceduto per un attimo all’anello e alla tentazione che esso rappresenta, redimendosi però alla fine, con l’ estremo sacrificio.  Sono felice di essere riuscito nell’intento di far trasparire il dolore, dai volti e dalla gestualità dei suoi compagni Aragorn, Legolas e Gimli, che con estremo rispetto verso il guerriero e l’ amico, depongono le armi dei nemici caduti ai suoi piedi e adagiano il suo corno spaccato sul ventre. Per cercare di raggiungere una certa fedeltà nel vestiario e nelle sembianze dei personaggi, ho riletto i capitoli precedenti a quel triste momento, soprattutto il loro passaggio a Lórien e l’incontro con Galadriel, la quale offre a tutta la Compagnia doni speciali, come i mantelli grigi e le fibule a forma di foglia. Uno di questi è la cintura dorata offerta a Boromir, che ho riprodotto nel dipinto. Come raramente mi accade prima di un lavoro, avevo già un’idea chiara dei colori che avrei usato ed i toni caldi del tramonto erano fermi nella mia mente già dai primi bozzetti.  Ho voluto inserire un raggiante crepuscolo anche per l’aspetto simbolico, una “fine”, parallela a quella di Boromir, ma carica di luce e speranze, che prelude ad un altro inizio e quindi non definitiva o tetra. Tutto finisce e tutto si rinnova, ed anche un momento triste come l’estremo saluto ad un compagno non può, non deve lasciare spazio alla buia disperazione, e il tramonto sullo sfondo è lì per ricordarlo.