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Tolkieniani Italiani – Intervista a Enrico Spadaro

L’intervista che proponiamo oggi presenta non solo un valente studioso ed esperto: andiamo anche a riproporre un frammento del recente Tolkien 2019, in quanto Enrico Spadaro ha tenuto una relazione proprio nell’ambito del grandioso evento britannico – nel corso del quale la presenza italiana si è distinta sia per il numero dei partecipanti sia per la qualità degli interventi proposti. Giuseppe Scattolini lo ha avvicinato proprio a Birmingham e, nei giorni successivi, gli ha posto alcune domande sia sull’evento in sé che di carattere più generale: ne è scaturita la conversazione che qui presentiamo, a sua volta ricca di spunti interessanti.


Grazie Enrico per aver concesso questa intervista ai Tolkieniani Italiani e alla Società Tolkieniana Italiana. È stato un piacere per me conoscerti a Birmingham ed un onore aver parlato con te da paro a paro nonostante la grande differenza di preparazione e di titoli di studio che ci separa. Vorrei iniziare una serie di domande, per cominciare, sulla tua storia personale, e prima di tutte la domanda regina: come hai conosciuto e ti sei innamorato di Tolkien?

Innanzitutto lasciami dire che i titoli di studio sono meri pezzi di carta, se poi non si dimostra concretamente il proprio valore o non si è in grado di farne buon uso – basta vedere i numerosi partecipanti al Tolkien 2019, che “professionalmente parlando” appartenevano a un altro ambito rispetto a quello letterario e più specificatamente “tolkieniano”. Ho conosciuto Tolkien quasi 20 anni fa, grazie – adesso forse mi duole dirlo – a Peter Jackson: avevo 10 anni e con la scuola andammo al cinema a vedere La compagnia dell’Anello, di cui ignoravo l’esistenza data la giovane età. Pur non capendo molto riguardo ad alcuni nomi o ai riferimenti al Silmarillion – forse solo le versioni estese dei film permettono una comprensione migliore a chi non è affine al mondo di Tolkien – rimasi impressionato da certe scene, dai personaggi di Legolas e Aragorn e chiaramente curioso di sapere come sarebbe proseguito il viaggio verso Mordor. Venni a sapere che il mio vicino di casa possedeva la versione in cartone animato e me la prestò: poi, avvicinandosi il mio compleanno, chiesi a mio padre di leggere il romanzo di Tolkien, ignaro di quanto grosso e ingombrante potesse essere. Ma aperto il pacchetto, ero emozionato, forse più di Smeagol, davanti al “mio regalo di compleanno”. Tre mesi mi ci vollero per leggere Il Signore degli Anelli, ma da lì non mi sono più fermato, e a poco a poco, da Lo hobbit a Il Silmarillion, la mia libreria tolkieniana è andata sempre più espandendosi.

Raccontaci ora un po’ di te: un italiano che vive, studia e lavora in Francia si ritrova al 50° anniversario della Tolkien Society: cosa studi e dove, come sei finito in Francia e come a Birmingham?

Come tesi di laurea per il corso magistrale in Traduzione Letteraria e Saggistica presso l’università di Pisa ho tradotto in italiano il racconto The Lost Road di Tolkien e volevo continuare i miei studi. Allo stesso tempo avevo vinto il concorso per lavorare come assistente di lingua italiana in Francia nell’Académie d’Aix-Marseille, allora ho chiesto di essere ammesso in dottorato in Studi Inglesi presso l’Università di Aix-Marseille e l’anno scorso ho discusso la tesi. Durante le fasi di stesura di tale tesi, La littérature-monde de J.R.R. Tolkien: discours et pertinence d’une oeuvre originale, sono venuto a conoscenza di Tolkien 2019 e ho mandato un abstract che è stato accettato per cui mi sono ritrovato a Birmingham.

Raccontaci qualcosa della Francia: conosci la Società Tolkieniana Francese e i tolkieniani francesi o intrattieni rapporti solo con gli inglesi?

Conosco più che altro il sito Tolkiendil, in cui fan e letterati francesi scrivono e commentano a proposito dell’opera di Tolkien e ho avuto modo di conoscere e discutere con Vincent Ferré, docente a Parigi e grande esperto nonché studioso del mondo di Tolkien. Inoltre ho partecipato nel 2017 a un convegno di giovani ricercatori alla Scuola Normale di Parigi, rue d’Ulm, in cui Tolkien è stato uno dei temi più trattati. Una delle partecipanti a tale convegno era presente pure a Birmingham in quanto collaboratrice di Tolkiendil.

Riguardo le nuove traduzioni che stanno uscendo in Francia e la casa editrice e i suoi traduttori, cosa ne pensi? Sono edizioni fedeli e ben fatte delle opere di Tolkien, filologicamente parlando?

Ho avuto modo di leggere solo le traduzioni di alcune parti de Il Signore degli Anelli e mi sembrano abbastanza fedeli, inoltre per quanto riguarda la History of Middle-earth in Francia hanno tradotto fino al quinto libro, sebbene gli studi e il dibattito su Tolkien restino più o meno sugli stessi livelli che in Italia.

Ritieni, di conseguenza, che l’uscita il 3 ottobre della nuova traduzione francese de Il Signore degli Anelli sia una cosa positiva? La questione delle traduzioni delle opere tolkieniane ha mai innescato diatribe o polemiche?

Le traduzioni invecchiano, quindi è necessario sempre lavorare su nuove versioni per la fruizione dei lettori e sono contento che si lavori su questo campo. Le diatribe oltralpe sono state di minore intensità rispetto all’Italia, sebbene sulle prime versioni francesi di Tolkien ci sarebbe tanto da dire, per esempio su alcune espressioni presenti ne Lo Hobbit (Bilbo le hobbit), come “Dieu sait”, un po’ anacronistico e incoerente per la Terra di Mezzo (risata sarcastica).

A Birmingham hai portato una relazione dal titolo To the origins of fairy-tales su Giambattista Basile e Lo cunto de li cunti. Spiegaci chi è Basile, perché hai ritenuto di tenere una conferenza su questo autore e il suo testo e il motivo per cui secondo te sono legati a Tolkien e possono negli studi tolkieniani gettare nuova luce sul Professore.

Durante la stesura della mia tesi, leggevo per piacere Lo cunto de li cunti e ho trovato molti spunti di riflessione, nonché svariati punti in comune con la concezione delle fiabe che Tolkien fa nel suo omonimo saggio. Ho cercato di approfondire tale aspetto in uno dei capitoli finali della mia tesi, anche in relazione alle mie origini meridionali e al mio amore per la cultura napoletana. Basile, ed è lo stesso Grimm a dichiararlo, è il primo che mette per iscritto alcune delle fiabe più famose della cultura europea, prima fra tutte Cenerentola, quindi il suo contributo per lo sviluppo e la diffusione del genere è evidente. La funzione di evasione delle fiabe, il viaggio da un mondo conosciuto verso mondi secondari, uno scopo pedagogico e d’intrattenimento sono solo alcuni degli elementi che si riscontrano nell’opera di Basile – come spiego nel mio intervento – e mi sembra che Tolkien sia stato colui che meglio li ha espressi nel secolo scorso, così come l’autore napoletano l’aveva fatto nel ‘600. Durante la discussione della tesi di dottorato, il capitolo su Basile è stato a malapena citato dai membri della commissione, il che mi aveva piuttosto deluso e dimostrava la loro “ignoranza” in materia. Quando ho saputo che la mia proposta per Tolkien 2019 era stata accettata, sono rimasto piacevolmente sorpreso e la possibilità di rendere omaggio a Basile e di esporre tale tema – a me piacciono tanto i paragoni in letteratura – è stata gradita.

In conclusione, ringraziandoti ancora: quali sono i tuoi presenti e futuri progetti di studio? Sono in qualche modo legati a Tolkien o ti porteranno a Tolkien solo come “interesse privato”? Tolkien è il tuo “vizio segreto” o è e sarà dichiaratamente il tuo ambito di studi?

Tolkien è chiaramente entrambi: per ora sto lavorando in Francia come insegnante, ma il desiderio sarebbe quello di continuare nella ricerca del mondo di Tolkien, in ambito accademico. Ho di recente avuto conferma di una borsa postdottorale presso l’università di Tübingen in Germania, da marzo a settembre prossimi. Il progetto di ricerca riguarda Tolkien, e sono previsti anche degli insegnamenti con tema Tolkien, scrittore e artista. Non è che un punto di partenza, ma chissà cosa riserverà il futuro, e quali saranno le tappe del viaggio. L’imprevedibilità può spaventare, ma bisogna varcare la soglia e vivere le avventure che si presentano.